"Troppi galli a cantà non se fa mai giorno" un caotico modo di dire
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Quante volte nei parchi e in giro pe’ Roma avete visto scodinzolare qualche coda al guinzaglio? E se vi dicessimo che proprio il 26 agosto è la giornata mondiale dei nostri amici a quattro zampe? Condividete taggandoci su Facebook o Instagram l’immagine del vostro fedele amico in qualche luogo di Roma!
Diteci la verità, quanti di voi amano i cani? E quanti, mentre leggono questo articolo, ne hanno uno proprio in giro per l’appartamento? I cani, si sa, sono i fedeli amici dell’uomo e non è la scienza a dirlo: ogni giorno – e chi ha un pelosetto ne sa qualcosa – dimostrano il loro incondizionato amore. C’è chi addirittura li preferisce alle persone – e mica ha tutti i torti!
Te le vedi lì, le loro code festanti, davanti la porta: appena rientri stanco dal lavoro; quando torni da qualche viaggio; ogni volta che, anche solo per un paio d’ore – ma che diciamo! Pure per soli 5 minuti – sei fuori casa o in un’altra stanza; insomma, te li ritrovi lì ai tuoi piedi, con gli occhi che scoppiano di gioia, a chiederti una carezza, ché di quello hanno bisogno e non chiedono di più: un gesto, anche sporadico, d’affetto. Non importa chi sei, né cosa fai: a loro importa che ci sei, e tanto basta per inondarti d’amore gratuito e senza pretese. E forse, più spesso di quanto crediamo, dovremmo imparare un po’ da loro, da quel loro amore senza pregiudizio, senza differenze, senza richieste se non l’unica di poterti amare. Gli antichi romani l’avevano capito bene e, vi incuriosirà sapere che, proprio il cane era uno dei loro animali preferiti.
Anche gli antichi romani, infatti, ammiravano le grandi virtù dei cani e li consideravano loro migliori amici. Di solito, nelle antiche domus romane, era possibile incontrare l’affetto di qualche cane. I più gettonati – ieri come oggi – perché maggiormente di compagnia, erano i cosiddetti catuli e catellae, ovvero i cani di piccola taglia.
D’altra parte, all’epoca, esistevano già racconti sull’affetto incondizionato di questi animali: ad esempio, il racconto del mito di Mera che, presente nelle Metamorfosi del noto poeta romano Ovidio, importato dall’antica Grecia, spiegava la nascita della costellazione del cane proprio a partire da quella tipica e assoluta fedeltà canina al padrone – una trama che, per certi versi, ricorda il celebre film americano Hachiko con Richard Gere. Il mito narra infatti che, il dio Dioniso, commosso dalla perseveranza del cane, che fino alla morte, rimase accucciato immobile sulla tomba della padrona tragicamente persa, decise di nobilitare l’animale e trasformarlo in una costellazione.
Non mancano, inoltre, riferimenti alle qualità dei cani in opere più recenti: quanti di voi ricorderanno Umberto D., il celebre film di Vittorio De Sica, interpretato da un’incredibile Carlo Battisti? E, in particolare, la scena strappalacrime finale (tranquilli, niente spoiler!) nella quale proprio Flaik, l’amato cane del protagonista, nonché suo unico amico, svolge un ruolo fondamentale nel risollevare l’umore del padrone?
Chi di noi, infine, non ha sentito almeno una volta la storia delle gesta di Ulisse e dell’unico che, al ritorno a casa, lo riconobbe? Stiamo parlando proprio dell’ Odissea e di Argo, il fidato cane di Ulisse. Lo stesso che, nutrito per mano dell’eroe, rimase poi abbandonato a sé stesso e all’incuranza delle ancelle quando, durante la guerra di Troia, Ulisse dovette lascare Itaca; colui che riconobbe il padrone, nonostante i 20 anni di assenza. Il cane Argo che, ormai anziano e malandato, non riuscendo a correre verso l’amato Ulisse, sebbene le condizioni, a dimostrazione del suo affetto immutato, abbassò le orecchie, scodinzolò e, finalmente in pace per il ritorno del padrone, “la moira nera di morte afferrò”.
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