“E mo che hai sonato, canta”, una risposta di stile a chi non ha pazienza alla guida
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L’attesa a volte può essere snervante e quale migliore periodo dell’anno liturgico rappresenta al meglio la sensazione che il tempo sia infinito?
Ci sono giornate e situazione che sembrano non passare mai, il tempo pare fermarsi e l’attesa diventa snervante e faticosa da sopportare. Quando sopraggiunge la noia o quando si ha il desiderio di vivere un determinato evento vorremmo che le lancette scorressero più in fretta del previsto per arrivare in un attimo all’ora tanto agognata. In questi frangenti la pazienza diminuisce, con la sensazione che il tempo si stia prendendo gioco di noi. In inverno le giornate passano con più difficoltà ma anche l’arsura estiva placa le nostre capacità di reazione e rallenta i movimenti.
C’è un periodo dell’anno liturgico che è noto per la sua lentezza e anche per il senso di attesa che scaturisce nei fedeli dato che precede l’arrivo della Pasqua. Ecco che il detto “È lungo come ‘na Quaresima” calza a pennello per descrivere la frustrazione di dovere aspettare che arrivi l’appuntamento che desideriamo e per il quale ci siamo preparati a lungo. E in questo caso un buon metodo può essere quello di trovare qualcosa di propizio da fare che ci consenta di pensare ad altro e non soffermarci su quello che ci attende.
Il romano deve fare spesso i conti con i ritardi e gli imprevisti, dai mezzi pubblici alla tendenza di non rispettare l’orario prestabilito. Fare i conti con l’attesa è un esercizio quotidiano con cui il romano è in grado di convivere, nonostante ogni volta emerga un po’ di nervosismo. Accettare questo aiuta a vivere meglio, alleggerendo le tensioni e sorridendo anche di fronte a eventuali inconvenienti che possono sempre succedere.
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