“Il tempo del futurismo”, la mostra che si interroga sul rapporto tra arte e scienza
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Erano un’antica festa romana e segnavano l’inizio del periodo più buio dell’anno. Rappresentavano però anche un’occasione per scambiarsi doni e organizzare banchetti in onore delle divinità.
I Brumalia erano una festa romana celebrata tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre, dedicata all’arrivo dell’inverno e al ritorno della luce. Il nome deriva dal latino bruma, che significa “giorno più corto dell’anno”, facendo riferimento al solstizio d’inverno.
Questa celebrazione si intrecciava con il culto del dio Saturno e della dea Cerere, figure legate all’abbondanza e alla rigenerazione. I Brumalia erano momenti di riflessione sul ciclo della vita, dove si onoravano le divinità attraverso offerte di vino e grano, simboli di prosperità.
La festività era caratterizzata da un’atmosfera gioiosa e conviviale. Si organizzavano banchetti e giochi, e spesso i cittadini si scambiavano doni, come miele e olive, per augurarsi un futuro dolce e fruttuoso.
Una tradizione comune era quella di accendere fiaccole o lampade, simboleggiando la speranza e la luce che avrebbero trionfato sull’oscurità invernale. Oltre a essere un’occasione per onorare gli dèi, i Brumalia consolidavano i legami sociali, permettendo ai cittadini di rafforzare la coesione comunitaria.
Nonostante la caduta dell’Impero Romano, alcuni elementi dei Brumalia sembrano aver influenzato festività successive, come il Natale, anch’esso legato al tema della luce e della rinascita.
Oggi, la memoria di questa antica celebrazione ci offre uno sguardo sulle tradizioni e sulle credenze che animavano la vita dei Romani, ricordandoci il loro profondo legame con i ritmi della natura e il passare delle stagioni.
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