La Chiesa del Domine Quo Vadis, un luogo spirituale dall’origine leggendaria
Hai mai visitato la Chiesa del Domine Quo Vadis? Situata sulla Via Appia Antica, questa piccola e affascinante chiesa custodisce una suggestiva leggenda:[...]
A differenza di molte altre chiese della città, non è sfarzosa, ma anzi, è piuttosto sobria. È comunque davvero graziosa e ha un’atmosfera che la rende davvero suggestiva. L’hai mai visitata passeggiando per Roma?
La Chiesa di San Giacomo alla Lungara non è il classico luogo di culto che ci si aspetterebbe di trovare a Roma, sfarzoso e pieno d’opere d’arte. Ha infatti un aspetto molto sobrio, ma proprio per questa ragione è molto suggestiva e vale davvero la pena dedicarle qualche minuto del proprio tempo per visitarla.
Custodisce poi un’opera d’arte che, per quanto sia macabra, è piuttosto celebre, grazie alla fama del suo scultore, il Bernini in persona. Anche per questa ragione è bene non perdersela.
Per raggiungerla bisogna recarsi nel rione più vivo della città, ovvero Trastevere, esattamente in Via della Lungara. È lì che si trova il solenne e prezioso edificio.
È difficile attribuire una data precisa alla costruzione della chiesa. I primi documenti ufficiali che ne testimoniano l’esistenza risalgono al 1200, ma sembra che la sua edificazione sia avvenuta molto tempo prima, ovvero intorno all’800.
Quel che è certo è che nel 1500 l’aspetto della Chiesa di San Giacomo alla Lungara cambiò nettamente. Un restauro condotto dall’architetto Luigi Arrigucci la trasformò completamente, riducendo le sue navate da tre a una e sostituendo il soffitto con uno a cassettoni, mantenendo però il campanile nel suo aspetto originale.
Oggi la Chiesa di San Giacomo alla Lungara non ha più l’aspetto che le era stato attribuito da Arrigucci nel 1500. Un restauro del 1900 l’ha nuovamente trasformata e resa il sobrio edificio che siamo abituati a vedere.
Entrando nella chiesa, si possono osservare diversi altari e statue lungo i lati, un dipinto di San Giacomo realizzato da Francesco Romanelli e l’opera del Bernini, “Memoria funebre d’Ippolito Merenda“.
Quest’ultima, per quanto macabra, si può definire come il “pezzo forte” dell’edificio, vista la firma che porta. È però piuttosto tetra, dato che è composta da una lapide a forma di lenzuolo, che è sorretta da uno scheletro alato. Essendo un’opera funebre, era però inevitabile che venisse realizzata in modo così cupo.
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