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La chiesa di San Tommaso in Formis nel rione Celio

Il piccolo edificio vede la sua origine come abbazia di un monastero benedettino e ha avuto un glorioso passato, tanto che fu visitata parecchie volte anche da Francesco da Assisi.

La nascita del plesso e l’importanza dell’Ordine che lo ha retto

La piccola chiesa di San Tommaso in Formis si trova nel rione Celio, presso l’odierno Arco di Dolabella. Il nome deriva dal nome latino dell’Acquedotto Claudio sulle cui cisterne è stata costruita. La nascita è dovuta alla presenza dell’Ordine della Santissima Trinità, con il fondatore San Giovanni de Matha che ha vissuto gli ultimi anni della sua esistenza alloggiando nella cella che si trova nella finestra che si apre sopra l’arco. Le sue spoglie si trovavano in un mausoleo di marmo all’interno della chiesa, fino al 1655, quando sono state trasportate in Spagna.

Alcuni restauri e vari utilizzi nel corso dei secoli

La costruzione dell’edificio è avvenuto intorno all’anno 1000, come abbazia di un monastero benedettino, anche se le testimonianze scritte sono andate perdute. La prima attestazione è datata 1209, con la donazione dell’immobile ai frati trinitari che lo utilizzarono in parte come ospedale per i poveri e gli schiavi, salvo poi essere abbandonato un secolo dopo, quando l’Ordine è stato costretto a lasciare la città in quanto sostenitore di Clemente VII. La chiesa è stata ristrutturata a partire dal 1532, utilizzando i materiali proprio dell’ospedale adiacente.

Un passato che è presente in alcune tracce da scoprire al suo interno

Una nuova facciata è stata realizzata nel 1663, al centro della quale si trova un portale che è sormontato da un timpano triangolare che testimonia la dedica della chiesa a San Tommaso Apostolo. La chiesa è stata riaperta al culto solo nel 1926, mentre l’ospedale è tutt’ora la sede dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante. Oggi la chiesa ha una navata unica ma conserva alcune prove di un passato glorioso, come il ritratto di papa Innocenzo III nell’altare maggiore e un quadro che ricorda le diverse visite di San Francesco d’Assisi presso il monastero, ospite di San Giovanni de Matha.

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