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Era dedicata alla ninfa sorella del re Turno e venerata nel cuore del Foro Romano, la fonte di Giuturna è ricca di testimonianze architettoniche di rilievo, ecco quali.
Tra il tempio dei Castori e la casa delle Vestali, in corrispondenza di una sorgente all’interno del Foro Romano, si trova un’area sacra dedicata a una ninfa e che è denominata come la fonte di Giuturna. Era la sorella del re Turno ed è tra le fonti più antiche della città. A Giacomo Boni si deve il merito di aver inaugurato gli scavi nel 1900. Da quell’attività archeologica è emerso il fatto che l’area fosse venerata già in epoca arcaica, con ulteriori rifacimenti durante gli anni repubblicani e dell’Impero.
Il bacino che serviva alla raccolta delle acque è rivestito di marmo e con un piedistallo rettangolare al centro. La pavimentazione di età augustea ospita un bacino inferiore di epoca repubblicana in cui sono state rinvenute le statue dei Dioscuri fatte a pezzi, oggi conservate nel museo del Foro insieme alle statue di Apollo e di Esculapio, che in origine decoravano la fonte. Si tratta di opere in stile arcaico, tipiche della tarda età ellenistica e risalenti alla fine del II secolo a.C., il cui danneggiamento è avvenuto a causa dell’incendio del 12 a.C., come testimoniano le tracce di fuoco.
Il pozzo marmoreo che si trova davanti riporta una doppia iscrizione col nome di Marco Barbazio Pollione, edile vissuto in epoca cesariano-augustea. L’altare è invece risalente all’epoca di Settimio Severo e presenta diverse raffigurazioni, da Giuturna e il padre, a Giove con lo scettro e il fulmine e Leda con il cigno, secondo la mitologia greca ritenuta la madre dei Dioscuri.
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