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Lo scorso sabato, 29 giugno, presso il parco di Cinecittà World si è svolto il “Punk in Park Festival”. Un evento dedicato alla musica punk che ha permesso alle giovani band romane di far sentire i propri brani. La numerosa affluenza si è scatenata tra danze e “pogamenti” vari. Una vera e propria manifestazione di consapevolezza e condivisione di amore per il genere. Il merito va a una line up scoppiettante in grado di alternare sound hard a quelli più rockeggianti. In questo modo, è stato possibile cogliere quanto la scena romana cerchi di far emergere un genere musicale molto sottovalutato dalle etichette nell’ultimo periodo.
Empathia, e4EMO, Euphorica e altre associazioni si sono unite sotto un’unica bandiera. Un unico inno della diversità, dall’inclusione e da abiti tinti di nero. Un’atmosfera adrenalinica che ha perfettamente trovato la sua contestualizzazione all’interno del luogo che le ha fatto da sfondo. Dopo il sound check, era possibile osservare i vari componenti delle band aggirarsi tra le diverse attrazioni del parco divertimento. Un contrasto tra ciò che è considerato canonico e ciò che è sovversivo che ha messo in luce tutto il divertimento di questi ragazzi.
Da quegli istanti, infatti, con occhio critico, è stato possibile cogliere l’adrenalinico entusiasmo insieme alla moltitudine di sentimenti condivisi da un’intera nuova generazione. Chi voleva semplicemente passare una giornata tra i vuoti d’aria delle montagne russe, si è mescolato ai tatuaggi e creste colorate. Un’alternative look che non passava inosservato e che componeva una variegata tavolozza umorale la cui descrizione non riesce minimante a restituirne la meraviglia.
Del resto stiamo parlando di un genere musicale alternative che da sempre si è contrapposto ai canoni edulcorati e soft del pop. Una voglia di ribellione che ha trovato tutto il suo spazio nel padiglione eventi del parco e che, allo stesso tempo, ha avuto modo di risplendere grazie alle diverse sottili differenze che hanno da sempre caratterizzato questo macro-genere. Chi ha presenziato ha semplicemente manifestato l’urgenza di far sentire la propria voce scandendo a suon di passi la propria identità.
La musica, però, è anche molto altro. La condivisione di sensazioni e di valori non era l’unica ragione per “pogare” durante il festival, al contrario è divenuta la “ragione per restare”. Il Punk in Park, infatti, è stato dedicato a una ragazza che non è più presente nelle vite di alcuni degli organizzatori: Daisy, colei che ha partecipato a numerosi eventi di questo tipo, ma che ad un certo punto non ha più trovato la forza per poter continuare a lottare in questa vita. Se prendiamo come metafora dell’esistenza le montagne russe, tra alti e bassi, ci rendiamo tutti conto di quanto molto spesso sia complicato riuscire a restare.
Daisy ha vissuto i suoi 27 anni con energia e ci siamo sentiti tutti in obbligo a donare il nostro cuore a chi l’ha conosciuta. Una piccola onda d’urto in grado di far emergere la pazzia di chi entrava in contatto con lei. Durante questo evento avrebbe spaccato le sue ginocchia su qualche skate, senza remore di sorta… ma a volte non è abbastanza. Lei ha lasciato i suoi familiari e i suoi amici nel dicembre del 2023 e l’unica cosa che vogliamo aggiungere è l’importanza di vivere a pieno momenti come questi.
Il palco, di conseguenza, con la commozione generale, si è tinto di lacrime mentre le note di “A Reason to Stay” si amplificavano nell’aria. Perchè sì, da una parte c’era la voglia di divertirsi e di alzare le creste contro il sistema; dall’altra c’era la voglia di ricordare e di stringersi in un caloroso e profondo abbraccio. In questo modo si è creata una grande famiglia che, cuore a cuore, si è stretta nella memoria e nell’affetto. Daisy, per un attimo, è divenuta il simbolo necessario per ricordare l’importanza di restare e di lottare. Se le cose non vanno come vogliamo, dobbiamo tutti quanti trovare la forza per poterlo fare insieme.
Sul palco hanno avuto modo di risplendere la musica elettronica tanto quanto quella strumentale in una camaleontica alternanza capace di risuonare in tutte le sue varianti. Uno spettro ben più ampio della semplice etichetta d’appartenenza a un macro-genere, ma che ha toccato tematiche più profonde e personali. Una scena, quella punk, che si mostra vitale e ad alto riscontro.
Dai Civic 50 agli Hometown Heores, dall’italiano all’inglese; dai DeCrow a Mr Ugo & Zame; ballando sui brani della Suicide Gvng; a seguire gli XDiamond e IN6N, dall’emo all’hard: tutto ha trovato il suo riflettore. Sentimenti di inadeguatezza, di rivalsa, di ribellione e di appartenenza si sono alternati in una commistione che ha manifestato l’unione e il sostegno reciproco che le band romane sono disposte a darsi. Una sorta di man forte che ha risuonato più violentemente degli scontri sottopalco o delle capriole compiute dagli skater.
Un pubblico attento, in ogni caso, e pronto all’ascolto; come hanno sottolineato i componenti delle band con cui abbiamo avuto il piacere di conversare. Una chiamata alle “armi” che si è sciolta negli scroscianti applausi che si sono alternati fino a superare la mezzanotte della domenica successiva.
In sostanza, il “Punk in Park Festival” ha mostrato l’urgenza di una nuova generazione pronta a scandire i propri sentimenti a suon di salti e urli. Un’esigenza che ha da sempre trovato riverbero nelle diverse generazioni e che ha manifestato quella ricerca identitaria non facile da compiere specie all’interno di una società in cui l’apparire sta diventando sempre più importante della sostanza. Lontano dagli schermi di un cellulare, quindi, vi è ancora chi vuol vivere e scandire la propria vita a ritmo musicale. Vi è ancora chi riesce a trovare la propria valvola di sfogo, facendo risplendere il bisogno di condividere quegli stessi valori e sentimenti col prossimo senza restare reclusi tra le mura della propria cameretta.
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