Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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Ci siamo lasciati mentre osservavamo le sponde del Tevere all’esterno della chiesa gotica di Roma. Il purgatorio in Terra che accoglie le nostre anime. Mentre, però, attendiamo il giudizio sui nostri peccati possiamo concederci un’altra passeggiata. Le vie del centro, del resto, sono costernate da piccoli particolari di cui non abbiamo ancora parlato. Dirigiamoci verso Campo de’ Fiori e diventiamo turisti nella capitale muovendoci tra aghi e pagliai.
In molti, visitatori e resistenti, fin dalla più tenera età, si sono scontrati con modi di dire e detti. Frasi che compongono, in un certo qual modo, lo strato socio-culturale di un luogo. Roma ne è un po’ il capostipite. Del resto, la maggior parte dei suoi modi di dire sono diventati iconiche battute all’interno di film e serie tv. Veicolo di romanità, non possiamo far altro che domandarci della loro provenienza.
In questa nostra tappa, infatti, esploreremo uno tra i detti più famosi e dibattuti di tutto il panorama nostrano. Vi ho invitati a muoversi tra aghi e pagliai proprio per via del significato più intrinseco di questa frase. Stranamente, però, non vi porto a filosofeggiare sulla traduzione letteraria di “anda’ a cerca’ Maria pe’ Roma”. Vi spingo ad andare nel pratico e a percorrere quelle vie che ci separano dalla sua effigie.
Spero che, come vi consiglio sempre, voi abbiate indossato delle scarpe piuttosto comode. La strada da dover compiere è molta e le difficoltà sono molteplici. Non è un caso, infatti, se proprio tali complicanze abbiano fatto nascere questo modo di dire. Percorrere il Lungotevere non vi basterà perché dovrete raggiungere un passaggio chiamato “il Passetto del Biscione”. Un luogo nascosto che vi spingerà ad aguzzare tutto il vostro spirito di osservazione. Qui vi sono racchiusi oltre 2000 secoli di storia della romanità. Un tempo vi si trovava il Teatro di Pompeo, in età medievale vennero realizzate diverse chiese. In particolare, vi sto spingendo a visitare quella che in passato era la Chiesa di Santa Maria in Grottapinta. Lì, esattamente in quel punto, terminerà la nostra ricerca di Maria. L’icona che raffigura la Madonna della Divina Provvidenza benedirà il vostro sguardo.
Quello che, ad oggi, a tutti gli effetti è un luogo di passaggio; in passato aveva altri scopi. È interessante come le difficoltà e le impervie per poter raggiungere questa effige ne abbiano fatto un luogo comune. Anche perché, in realtà, se non se ne conosce l’esatta ubicazione difficilmente potreste far caso alla sua presenza. Un quadro così piccolo, il più delle volte con dei fiori secchi ad ornarlo o qualche cero. Due porte al di sotto, dei graffiti lungo il resto delle pareti. Non sembra esattamente un punto in cui la sacralità prendeva vita. Piuttosto è un ago in un pagliaio.
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