Turisti nella Capitale: Fumetti e Maschere
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Una delle cose che, da quando mi sono trasferita nella Capitale, mi è stata rinfacciata e chiesta da mio padre è: “in tanti anni non sei mai andata a vedere il Papa?”. No, non l’ho mai fatto se non una volta quando il luogo designato era quello della Via Crucis e di conseguenza eravamo all’ombra del Colosseo. Non è che io abbia realmente coscientemente preso una posizione, ma il solo pensiero di dovermi alzare presto per cambiare stato ha mai allettato particolarmente. Quindi si, oggi viaggeremo insieme e saremo turisti nella capitale cambiando lo stato delle cose.
Sono stata diverse volte all’interno delle mura di Città del Vaticano e mi ha sempre dato molto da riflettere l’idea che potere temporale e spirituale qui coincidano così tanto. L’imponente chiesa di San Pietro è solo la prima delle pietre poste a comporre la mura di cinta che fortifica il regno. Basta, però, attraversare il colonnato del Bernini per sentire l’esigenza di comprendere la prospettiva delle cose.
Alle scuole medie e al liceo, ce lo ripetono in continuazione, durante le interrogazioni ce lo dimentichiamo, ma le statue che sono al di sopra del colonnato sono sproporzionate. La dimensione delle loro teste è finalizzata per far sì che il fedele le potesse vedere come “normali” dal basso. Le teste sono poste troppo in alto per poter mantenere la normale proporzione corporea. Ma, qui, si manifesta tutto il genio umano. Basta poco per rispolverare le lezioni di storia dell’arte, così da poter ricordare come le colonne riescano a comporre un vero e proprio abbraccio comprensivo.
In ogni caso, per quanto possa amare questo luogo, non ho mai trovato particolarmente allettante l’idea di dover andare in mezzo alla calca per osservare un tipo che si affaccia alla finestra un paio di volte alla settimana. Per carità, potranno anche esser utili i suoi consigli, potranno illuminare la via di molti fedeli e io non vorrei mai mancare di rispetto a nessuno con queste mie parole. In ogni caso, la confusione e le metro piene non sono decisamente un combo particolarmente accettabile per la mia psiche.
La prima volta che visitai Roma, questa fu una delle tappe obbligatorie scelte dall’escursione della crociera. Ricordo ancora la guida turistica che si ostinava a tenere erta sulla testa la paletta per indicare la sua posizione, mentre ce ne stavamo tutti bellamente in fila per poter visitare l’interno della chiesa. Qui iniziai a realizzare quanto realmente ci trovassimo in un’altra parte del mondo, e non per le tasse non pagate al nostro stato, ma per via dei servizi postali dediti a questo stato, così come per via delle sue guardie poste all’esterno. Posso dire di aver sempre trovato affascinante il punto di arancione e di viola che si interseca nella divisa delle Guardie Svizzere? Mi hanno sempre un po’ messo timore, ma mi sono sempre chiesta quale ad oggi fosse la loro funzione considerato il successo di chi ha voluto puntare un’arma da fuoco verso la “papamobile”.
Tutta la sacralità viene meramente ridotta e schiacciata a una ritualità svuotata della sua interconnessione. Tutto diventa funzionale al ricordo di qualcosa che suona, ancora ad oggi, come una vendita delle indulgenze. Quel che resta è realmente il marmo, una pietra dura che è stata piegata sotto l’abilità e la volontà di alcuni artisti. È qui che riconosco davvero l’importanza e la magnificenza di ciò che ne resta oggi. Tolte le crociate, tolti i conflitti, tolto tutti i figli illegittimi e gli scandali, del Rinascimento ne resta la pura e semplice bellezza. La magnificenza di quando esisteva il mecenatismo e le chiese erano mero mezzo per poter attrarre i fedeli. Specchietti per le allodole di tutto il mondo che brillano di luce propria. Non importa quale sia il tuo credo, davanti la realizzazione di certe opere si resta senza fiato.
Michelangelo, Bernini, Borromini, Raffaello. Nomi incisi nel tempo e nella storia, volti ricordati per sempre ricordati per il loro indiscusso talento. Opere e operati che riescono a scaldare il cuore più freddo e a meravigliare il più ateo degli uomini. In questo modo, si resta senza parole davanti la bellezza del volto di Maria che stringe il figlio deposto dalla croce. Si resta senza fiato nel vedere come tutta l’arte si interseca e stringe la bocca dello stomaco.
Io ho pianto la prima volta che ho messo piede all’interno di San Pietro. Mi sono sentita piccola, inutile e incapace. Ho visto ciò che l’essere umano è in grado di concepire e mi sono resa conto di quanto l’artista possa davvero esser vicino al concetto di Dio. Un concetto che scinde il dogma, che va oltre alle regole e alle imposizioni. Un pensiero che si unisce all’idea che tutti condividiamo tutto e che fatalmente siamo interconnessi. Un sentore di passato che arriva fino a giorni nostri e che resta praticamente imperturbabile.
L’arte nobilita l’uomo. Lo elegge a figlio di una qualsiasi entità vicina, nonostante a conti fatti la maggior parte delle opere sono state create per poter avere un pasto caldo.
Cambiare stato per poter essere turisti nella nostra capitale è un passaggio obbligato che dovrebbe riuscire ad attivare il nostro ragionamento critico. Non ce ne possiamo stare come vili e passivi spettatori di qualcosa creato da altri, va tutto introiettato e ricalibrato esattamente come la misura delle teste delle statue. Proporzioni finalizzate per ingannare lo sguardo, mentre l’anima resta connessa a qualcosa di più profondo che riesce ad andare oltre lo spazio e il tempo.
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