Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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Il titolo di questa tappa vi vuol condurre in inganno. Un piccolo gioco di parole che vuol mettervi dell’umore giusto per poter affrontare questa meta. Ci siamo lasciati a Porta Pia e, fin troppo vicino, vi è un luogo che mi affascina fin dalle prime volte che l’ho visto di sera. Sembra quasi di esser finiti in un altro universo, anche se voltato l’angolo vi è Piazzale Aldo Moro, così come tutta la città universitaria della Sapienza. Esser Turisti nella Capitale, con queste mie parole, vuol dire dover affrontare un incubo a luci rosse.
Alcuni di voi si chiederanno dove io voglia andare a parare. Altri saranno poco interessati, ma spero di poter destare la vostra curiosità per via del Policlinico. L’ospedale universitario, del resto, ha un fascino quasi antico; riesce a coniugare vecchio e nuovo, pur essendo un edificio adibito ad un compito ben specifico. Di giorno, quindi, è ben facile immaginare i suoi medici che percorrono i diversi corridoi; esattamente come lo fanno i suoi pazienti e i loro familiari. Di notte, però, assume un altro aspetto e continuo ancora oggi a chiedermi come sia possibile.
Le sue luci rosse colorano tutta la via. Lampade enormi, tondeggianti, che ne cambiano l’aspetto e ne modificano la facciata. Sembra quasi di poter vivere una sorta di distorsione visiva o, meglio, un’allucinazione di tipo collettivo. Le sue ombre si stagliano, diventano più vivide e diviene facile immaginare che ci si possa annidare qualsiasi tipo di pericolo al suo interno. L’assenza effettiva di movimento, quando meno apparente dall’esterno, cristallizza il tempo del vostro passaggio. La fine della via sembra quasi una meta impossibile da raggiungere. Il senso dell’orientamento potrebbe esser tratto in inganno.
Il rosso la fa da padrone, ve l’ho già detto, ma lo sottolineo ancora una volta perché tutta la mia fantasia viene alimentata da esso. Più e più volte ho sentito sulla pelle l’esigenza di iniziare a correre perdendo tutto il fiato che avevo nei polmoni. Altre volte, invece, andando meno spedita ho immaginato la folla accalcarsi ai suoi cancelli dall’interno. Quasi come se fosse uno dei costosissimi film horror hollywoodiani in cui gli zombie iniziano la loro pandemia. La ricerca di cervelli freschi diventerebbe ossessiva. La calca rediviva correrebbe o zoppicherebbe a seconda della versione che più vi alletta di queste creature.
Il policlinico Umberto Primo, in questo modo, diventa il luogo perfetto in cui poter girare l’ennesima critica sociale facendo sì che le sue creature assumano quello specifico ruolo.
Si, passando lungo quel viale ho immaginato più e più volte di essere la final girl di un horror. Mentre l’ansia di quel rosso mi pervadeva e le urla morivano schiacciate dalla razionalità. Del resto, non potrei mai dar vita ai pensieri che accompagnano questo luogo nella realtà. Sarebbe una sorta di procurato all’allarme senza la necessità di comporre il numero del 118. In ogni caso, eccolo… lì, nel fondo dell’angolo oltre il cancello, il pericolo che potrebbe incombere su ognuno di noi. Creature che, una volta ultimata la loro cena, spingerebbero l’intera città a piegarsi alla paura. Zombie che si accalcano al cancello convertendo quelle file fatte di individui che si vogliono vaccinare o che vogliono banalmente donare il proprio sangue.
Non lo so quanto senso possa avere, ma questa meta non turistica è quasi divertente da descrivere. Quei palazzi storici che, nel corso del tempo, hanno cambiato la loro natura per poter riuscire ad accogliere differenti individui per le differenti ragioni. Stanze e porte che nascondono al loro interno anni di studio e di sacrifici. Muri che sussurrano preghiere di speranza per una pronta guarigione, tanto quanto il dolore di chi resta per chi non ce l’ha fatta. Non è di certo un luogo felice, lo sappiamo bene, eppure per la mia mente assume un determinato fascino. Una strana linea di confine tra vita e morte che diviene quasi di passaggio, mentre si percorrono alcune strade di Roma. Una transizione che, in fin dei conti, è caratterizzata dalla presenza del Verano a pochi chilometri e dall’Università a pochi metri.
Resta il fatto che sia divertente solo di notte, quando nessuno gira per la città e tutto sembra quasi spettralmente vuoto. Un luogo che riesce quasi a vibrare di un’energica attrattiva tutta propria. E a voi, è mai capitato di passarci di notte? Sono forse l’unica che ha provato queste sensazioni sulla pelle?
@AidaPicone
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