Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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La precedente tappa ci ha portati in una sorta di Terra di Mezzo: quasi un luogo della perdizione che non tutti conoscono o apprezzano. Un posto in cui i piccini possono essere liberi e i grandi possono tornare ragazzini. La nostalgia la fa da padrone tra suoni, colori e vitalità. Oggi, invece, ci spostiamo e torniamo nel cuore pulsante della nostra meravigliosa Roma. Del resto, essere Turisti nella Capitale vuol dire anche vivere in un set cinematografico a cielo aperto.
Questa volta, però, non citerò film come “La Grande Bellezza” o “La Dolce Vita”. Ci lasciamo alle spalle il sogno felliniano e ci addentriamo nelle più solide realtà. Spostati leggermente dal centro storico, ma pur restando ancorati alle mura della città, ci troviamo nel quartiere studentesco per eccellenza. Ho evitato diverse volte di parlare di questo magico luogo, citando il più delle volte ciò che gli orbita intorno ed evitando la sua realtà.
San Lorenzo non è un quartiere facile da analizzare o da esplorare. Figlio dei bombardamenti che lo avevano colpito, ma resiliente come le notti insonni degli studenti sotto sessione. Tra statue di Madonnine a cui poter rivolgere il vostro voto e murales, la sua faccia radical chic sta emergendo sempre di più. Uno spot molto interessante per flora e fauna che, non importa a quale ora, regala piccole gioie e avventure.
Ci si può ritrovare all’interno di un film di Dario Argento, senza troppa difficoltà, perché si viene inseguiti da qualcuno non troppo sobrio. Così come si possono vedere le sue mura all’interno di serie tv nazionali o internazionali. L’esperienza è la vera essenza di questo quartiere, un’interna lotta intestina tra residenti e affittuari, tra chi vorrebbe e dovrebbe trovarsi all’interno di un pensionato e chi urla nel cuore della notte. “So tutti matti qui”, ma i migliori sono matti: due citazioni che andrebbero tenute ben a mente mentre si passeggia tra i suoi vicoli.
Qui le strade hanno i nomi di vecchie popolazioni del Lazio, quasi a voler ricordare la storicità che concentra questa regione. Contemporaneamente, però, tutto diventa nuovo e nevralgico quando si pensa ai ristoranti che nel corso del tempo si sono susseguiti. Chiusure e riaperture continue che si scontrano con chi invece la storia la sta facendo. “La Piazzetta”, ad esempio, è uno dei principali ritrovi della movida del quartiere; esattamente come lo è il “Bar dei Brutti”. Istituzioni che sono una sorta di garanzia per chiunque è abituato a frequentare la zona. Per non parlare poi di “Celestino”, così giusto per poter triangolare la zona e coprire quante più traverse con pochi metri “a fette”.
Non si può, inoltre, non citare lo storico cinema Tibur che dall’angolo di via degli Etruschi permette la visione dei film d’autore anche a chi non ha potuto seguire la grande distribuzione di massa.
Piccoli preludi di una vita che va rapida e lenta allo stesso tempo. Una resilienza storica che si incide in chiunque decida di volerla saggiare per propria volontà. È vero, la maggior parte degli studenti sceglie questo quartiere grazie alla sua vicinanza alle due stazioni di Roma e alla troneggiante presenza della città universitaria. Ma penso che si resti in questo quartiere anche per via del suo fascino. Comprare una casa qui, per molti, costituisce una sorta di investimento: uno spot da poter dividere e suddividere, così da poterlo mettere in affitto. Per fortuna, in ogni caso, che siamo a Roma e non a Milano, perché quanto meno viene ancora rispettata la condizione minima del “non vivere in un tugurio per mille euro al mese”.
Affitti che si aggirano intorno tra i 400 e i 500 euro, a seconda dell’abitabilità della cucina o degli spazi comuni. Case che diventano dei veri e propri porti di mare perché non puoi esser mai certo al cento per cento di chi porterà in casa il tuo coinquilino. Luoghi comuni che diventano pulsante esempi di vita che accetti consapevole del fatto che il tuo sonno possa essere disturbato.
Non basterebbe una sola pagina per poter raccontare cosa sia questo posto. Io sto restando fin troppo superficiale perché è come quando si cerca di descrivere qualcosa di talmente tanto bello che le parole non sono sufficienti. San Lorenzo è una sensazione, una pulsazione, una vibrazione. Non bastano due occhi per poterla guardare, così come due mani per poterla descrivere. Ci si può fermare e basta davanti ai murales che la decorano, ma bisogna osservarli e coglierne gli aspetti più personali. Non basta un gin tonic per poter sfidare l’equilibrio precario che i suoi san pietrini garantiscono. Non basta. Ma del resto, quando tutto pulsa così tanto di vita, come si può metter la parola fine?
E allora eccoci: pronti a batter le mani e a schiamazzare perché è scattata la mezzanotte e qualcuno ha fatto il compleanno; eccoci a dire di no all’ennesimo venditore ambulante che vuol rifilarti i suoi anelli di ottimo materiale ipoallergenico. Tutti pronti a riconoscere le sue mura all’interno di un film mentre il bar sotto casa diventa la scenografia che vedrai sul maxischermo a Venezia.
A queste mie parole, però, manca una chiusa. Terminare questa passeggiata sentendo di non avervi detto realmente tutto mi fa male al cuore, ma intanto così vanno le cose quando si cerca di descrivere un amore talmente tanto grande da mancarti nelle viscere quando non lo vivi.
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