Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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La precedente tappa ci ha permesso di poter iniziare l’esplorazione di un piccolo e alternativo stato presente all’interno del territorio di Roma. La nostra visita, però, non si può concludere senza dare il giusto spazio alle meraviglie di questo luogo. Del resto, i Musei Vaticani hanno l’innata capacità di incantare chiunque abbia voglia di farvi visita. Qui troviamo una delle massime espressioni di quella problematica psico-somatica per cui diventa inevitabile non sentire un fremito lungo la schiena. Anche perché è praticamente impossibile percorrere quei corridoi riuscendo a non trattenere il fiato. Oggi, essere turisti nella Capitale vuol dire essere affetti dalla sindrome di Stendhal.
Tachicardia, capogiri, vertigini, tutte sensazioni convenzionalmente negative che, il più delle volte, rischiano di portare il paziente ad avere un vero e proprio attacco di panico.
Pensate che sia impossibile sentirsi male, quasi da morire, davanti a ciò che è bello? Eppure è quello che realmente si prova quando si è abbastanza sensibili da percepire quell’affinità intellettiva che si slega dallo spazio e dal tempo.
Pensate che si potesse solo provare a Firenze, la città a cui è convenzionalmente legata questa problematica? Stiamo, in ogni caso, parlando e visitando delle Cupole, così come si sta elogiando la potenza del genio umano.
Basta semplicemente alzare lo sguardo verso l’affresco della Cappella Sistina per poter sentire una stretta all’altezza della bocca dello stomaco. “La creazione di Adamo” condensa al suo interno quel messaggio, dato dalla critica dell’arte, che tanto sposo e ritengo vero. All’interno di una semplice cornice, mentre la raffigurazione di Dio tende un dito verso la creatura da lui ideata, prende via una delle più profonde concettualizzazioni umane. Dio non è semplicemente un’iconografia, ma diventa un’idea. Quel pensiero secondo il quale esso non è altro che estensione e proiezione della nostra coscienza collettiva. E la domanda del “è nato prima l’uomo o la gallina” qui raggiunge la sua più elettiva rappresentazione.
Per la religione Cristina è l’uomo ad essere una creatura di un Dio superiore, vendicativo e caritatevole secondo il nuovo o l’antico testamento. Per gli intellettuali, così come per molti filosofi o artisti, ma anche per gli agnostici; Dio è una creazione umana. La giustificazione a ciò che non ci sappiamo spiegare, quell’entità a cui facciamo affidamento quando non sappiamo che direzione prendere, quella legge morale da dover seguire per poter riuscire a chiudere gli occhi la sera. Essere timorati di Dio vuol dire non metter in dubbio questi concetti, ma significa anche leggere quell’affresco affrancando la propria anima con un qualche tipo di banale concetto.
Se mettiamo in relazione “La creazione di Adamo” al “Giudizio universale” ci si rende conto di quanto più profondo possa essere il concetto di religione e, allo stesso tempo, possa essere poco dogmatico. Mentre il blu ristagna tra paradiso e terra, mentre i cieli incontrano le acque, ai posteri non restano altro che meraviglia e congetture. Inutile sfogliare i libri di storia dell’arte o ammirare il libro di filosofia che sulla copertina ha una ristampa di un Raffaello, l’arte dovrebbe aiutare a ricalibrare il nostro equilibrio interiore.
Tra un capogiro e una vertigine, alzare lo sguardo per poggiarlo sulle chiavi di San Pietro è decisamente fin troppo facile. Ricordarsi che in natura il pigmento per fare il blu dei Santi e delle Madone fosse qualcosa di estremamente prezioso diventa quasi impossibile. Osservare e pensare alle ore che Michelangelo Buonarroti ha passato su un’impalcatura fa comprendere l’immensità dell’impegno. Anche se gli aneddoti che la storia riporta riescono a modificare la percezione divina che si può avere dell’artista.
Marmo piegato alla volontà del singolo. Colori che mostrano una visione d’insieme. Scritture che si accalcano per dare origine a uno degli imperi più duraturi della nostra memoria storica. Guerre fatte in nome di questo o quel Dio. Crociate sante finalizzare a ribaltare le persecuzioni di chissà quale minoranza. La storia trasuda tra quelle pareti, esattamente come lo fa la visione di una sorta di mondo antico. Così è quasi divertente osservare le mappe di quei luoghi a noi tanto familiari. La Basilicata viene chiamata Lucania, la mia città natia presenta ancora il suo nome antico. Una storia che è vietato fotografare, ma che suscita scalpore quando usata come set cinematografico o per i post di qualche influencer.
In questo modo, ancora una volta, tra sacro e profano ci immergiamo all’interno dell’ipocrisia collettiva che affligge questa società. Foto scattate di nascosto che, se pubblicate, hanno la capacità di scatenare la più bieca delle indignazioni. Senza che questa venga affiancata da una riflessione. La potenza di un regno che trova la sua più massima pubblicità attraverso le opere artistiche. Ci pensate mai che è questa la verità? Che i dipinti, per cui noi ci ostiniamo a pagare i biglietti, sono stati la prima reale forma di propaganda? Iconografie che diventano, in un certo senso, simboli di realtà e di percezione della stessa?
A volte sembra quasi che viviamo davvero imbevuti di oppio, senza che ce ne rendiamo conto. Ammiriamo l’arte, ne osserviamo il suo corso e declino. Guardiamo i dipinti quasi come se fossero degli schermi televisivi, senza osservare davvero il loro percorso.
Essere Turisti nella Capitale, come ho cercato di sottolineare più volte, vuol dire riuscire a osservare. Un verbo che contiene in sé una piccola sfumatura semantica ben differente da “guardare”, usato spesso come sinonimo. Osservare vuol dire mantenere alto il focus e captare i dettagli. Ed è proprio grazie a questi che si manifesta, con buon probabilità, la sindrome di Stendhal. L’osservazione è ciò che spinge i soggetti a notare i punti in cui si annida il Diavolo: la perfezione, o l’illusione che essa possa essere raggiunta. Nella complessa incapacità umana, la perfezione diviene l’unico stimolo da poter cercare di raggiungere. Fin quando, però, resteremo assuefatti dai continui stimoli visivi che ci riempiono gli occhi e non il cuore, vivremo di pie illusioni. Resteremo convinti che Adamo non tocca il dito di Dio, solo perché non possiamo ambire a toccare il paradiso.
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