Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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Dopo aver cercato Maria pe’ Roma, quel che resta da fare è continuare il nostro percorso. Si, vi ho già portato per le vie del centro, quelle un po’ più turistiche e ci sarebbero tante altre zone da visitare. Restiamo, però, nei paraggi di Trastevere e avviciniamoci verso la zona del Ghetto Ebraico. Non ricordo se, effettivamente, ci siamo concessi un’accurata esplorazione tra le sue vie, in ogni caso adesso appare quasi come un obbligo. Essere turisti nella capitale vuol dire zizzagare tra memoria e resilienza.
Il Ghetto Ebraico di Roma è uno dei quartieri più affascinanti e ricchi di storia della città. Fondato nel 1555, è uno dei più antichi ghetti ebraici al mondo e rappresenta un simbolo profondo della comunità ebraica romana, le cui radici risalgono al II secolo a.C.. La sua storia, in parte, è documentata dal museo che vi è al suo ingresso, non distante dalla grande sinagoga. Per la restante parte, vi sono le facciate dei suoi palazzi a urlare il dolore e la sofferenza che quel cemento ha suggellato in sé. Luoghi e anfratti in cui ci si nascondeva e si cercava di sfuggire dal controllo delle autorità. Un controllo indegno e illecito che, però, veniva descritto come necessario per spurgare un male a cui è stata data l’identità sbagliata.
Fu istituito per ordine di Papa Paolo IV con la bolla papale Cum nimis absurdum. Gli ebrei romani furono costretti a vivere in un’area circoscritta, chiusa da cancelli che venivano serrati ogni notte, e furono sottoposti a pesanti restrizioni, incluso l’obbligo di portare segni distintivi. La vita nel ghetto era dura, caratterizzata da sovraffollamento e povertà, ma la comunità ebraica seppe preservare le proprie tradizioni religiose e culturali. Nel 1870, con l’annessione di Roma al Regno d’Italia, il ghetto fu formalmente abolito e gli ebrei acquisirono pieni diritti di cittadinanza.
I punti che vi consiglio di toccare sono: il Portico d’Ottavia, la Sinagoga Maggiore di Roma e la Fontana delle Tartarughe. Il primo luogo è situato al centro del Ghetto, questo antico complesso risalente al II secolo a.C. fu originariamente costruito per ospitare un mercato del pesce. Il portico è un luogo suggestivo dove si intrecciano le tracce del passato romano e della storia ebraica.
La Sinagoga troneggia dall’alto del Tevere e fu inaugurata nel 1904. Ad oggi, continua ad essere è un punto di riferimento per la comunità ebraica romana. Al suo interno si trova il Museo Ebraico di Roma, che espone oggetti liturgici, documenti storici e racconta la lunga storia degli ebrei nella città.
La fontana delle Tartarughe è situata in Piazza Mattei. Decorata con figure di tartarughe aggiunte successivamente da Gian Lorenzo Bernini, resta è uno dei simboli del quartiere.
Il secondo consiglio che vi do è quello di fermarvi a mangiare in uno dei ristoranti presenti lungo la via principale. Uno vale l’altro sia in termini di qualità che di prezzo. La tradizione giudaica, qui, si è perfettamente fusa con quella Romana contribuendo a creare piatti unici. Tra le specialità da provare ci sono i carciofi alla giudia, il baccalà fritto e la pizza ebraica dolce, ma persino la carbonara.
Durante il Sukkot, la Festa delle Capanne, nel quartiere vengono costruite capanne temporanee che rievocano l’antica celebrazione biblica. Le tradizioni e le festività della comunità ebraica sono parte integrante della vita del quartiere, rendendo il Ghetto un luogo ricco di fascino e cultura.
Passeggiare per le strade del Ghetto Ebraico è come fare un viaggio indietro nel tempo. Gli edifici medievali, le strutture rinascimentali e i segni del periodo barocco convivono con la modernità, tra botteghe storiche e caffè. L’atmosfera è unica e suggestiva, e ogni angolo racconta una storia. Visitare il Ghetto Ebraico di Roma significa immergersi nella memoria e nella resilienza di una comunità che ha affrontato secoli di sfide senza mai rinunciare alla propria identità. È una tappa imprescindibile per chi desidera scoprire una Roma autentica, profonda e sorprendente.
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