Turisti nella Capitale: il cuore dei gattari
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Il nostro lento processo di scoperta della Capitale, come turisti, è fatto di salite e discese. Sarebbe stato bello poter cogliere la magnificenza della pianura che caratterizza questa città, ma purtroppo va ricordato che è costruita su monti e colline. Per nostra fortuna ciò non accade spesso, ma se precedentemente siamo saliti al Giardino degli Aranci, adesso dobbiamo rifare la strada in discesa. Ricordando che: essere Turisti nella Capitale vuol dire destreggiarsi tra Verità e Finzione.
Gli angoli da esplorare sono ancora tantissimi, ma per prima cosa vi invito ad evitare la fila che si paleserà davanti la prima sosta di oggi. Siamo, infatti, giunti davanti la Bocca della Verità. Un piccolo “monumento” che tutti conoscono, ma la cui ubicazione molto spesso resta scognita. Se ci pensiamo anche solo per un attimo è decisamente assurdo come un tombino abbia acquistato così tanta importanza solo perché Gregory Peck stava facendo il piacione con la stupenda Audrey Hepburn.
Quando si dice: provare emozioni forti… non credete?
Non ho mai capito se la leggenda narrata in Vacanze Romane sia reale o finalizzata allo svolgimento della trama, ma è divertente pensare a quanto sia necessaria la verità per poter flirtare. Lui che, in realtà, si sta solo prendendo gioco dell’innocenza di una ragazza dalla bellezza eterna come quella della città che le sta facendo scoprire. Vi è un fascino, racchiuso al suo interno, che resta immutato nonostante il film sia del 1953. Paradossale come quello sia divenuto il simbolo della romanità e la rappresentazione dell’italiano per il resto del mondo.
Chi siamo per i turisti che assaggiano il nostro cibo, per quelli che pronunciano male bruschetta o prosciutto? Beh… siamo puro e semplice “love language” fatto di piccoli e divertenti imbrogli che sicuramente ci allontano dall’idea che il “Padrino” darà di noi qualche anno dopo. Sembra quasi che in meno di vent’anni la concezione dell’italiano sia effettivamente cambiata, ma allo stesso tempo non abbia fatto altro che rimarcare le stesse differenze che noi nativi manifestiamo. Nord contro Sud; la fredda e distaccata Milano contro la veracità romana, il tutto rimarcato dalla corruzione del Sud. Forse sto divagando, anche se in realtà ho sentito questi aspetti sulla mia stessa pelle.
Non l’ho ancora detto in questi articoli, ma io Roma l’ho vissuta da turista per ben due volte prima di trasferirmi definitivamente qui. Per lungo tempo non avevo ben compreso dove fosse ubicata la bocca della verità e ne sono rimasta profondamente delusa quando sono riuscita a visitarla. Si, ho messo la mano al suo interno, si ho detto la mia bugia eppure ho ancora entrambe le mani e sicuramente non ho qualcuno da conquistare.
Quel tombino, in un certo senso, rappresenta un po’ tutto l’emblema delle contraddizioni umane. Ad esempio, i turisti fanno la fila per poterlo visitare, ma si perdono tutti i templi che si alternano lungo la via. Per la mia mente è divenuto un simbolo: il coperchio antico dello scarico delle acque che è divenuto nobile grazie alla finzione cinematografica. Perché si, inutile che ci prendiamo in giro è solo merito di quella pellicola se adesso vi è la fila per poterlo visitare.
Basta, dunque, lasciare dietro di noi quell’elemento di finta verità per poterci rendere conto di quanto l’antichità si scontri e incontri con la modernità. L’ho detto, qui tutto è cristallizzato. Percorrendo la via che ci separa da Teatro Marcello è possibile osservare quanto la romanità antica sia ancora vibrante nello scheletro del traffico di questa città. Il Tempio di Ercole Vincitore, così come altre strutture in stile Ionico fanno comprendere la mescolanza culturale. Paradossale pensare a quanto l’accoglienza, in passato, potesse essere simbolo di potere. L’unire per conquistare che successivamente è stato soppiantato dal “Dividi et Impera” che farà terra bruciata di altri usi e costumi. Del resto, ci stiamo muovendo su fili pericolosi: tra verità e finzione, tra usi e costumi, tra ciò che è detto e ciò che è visto. Punti di vista che si alternano costruendo un manto eterogeneo di umanità.
Non trovate, inoltre, assurdo come le auto e gli automobilisti qui sembrino i reali padroni della città? Non vi è più l’odore di salsedine che il Tevere traporta, pur essendo a pochi metri da esso. Vi sarà impossibile sentire il suono dell’acqua di qualche nasone, pur avendolo accanto a noi. Esisteranno solo qualche clacson e qualche parola di troppo urlata da un finestrino all’altro, specie quando qualcuno attraversa in maniera inconsulta.
Il caldo, in questo punto della città, rende tutto ancor più insopportabile. La via offre ben pochi ripari dall’arsura e, mentre si percorre la salita, lo smog vi riempirà i polmoni. Siamo, però, vicini a uno dei luoghi da sempre mi affascina in maniera particolare. Stiamo arrivando nel punto in cui il bianco vi candeggerà la vista, anche se ancora vi farò attendere per poter esplorare quel luogo. Prima di arrivare all’Altare della Patria, infatti, ci sono altre parole che accompagnano quei luoghi.
Sulla vostra destra, salendo una piccola scalinata, c’è il Campidoglio. Non è sempre visitabile, non ne ho ancora compresi gli orari, anche perché è praticamente inutile memorizzarli. Esattamente come se fossero le scale di Hogwarts: a questi piace cambiare. Non che se ne possa fare una colpa alla gestione museale, ma è probabile che voi saliate inutilmente quelle scale perché vi è questo o quell’altro evento in procinto di conclusione. Luogo ambito, penserete voi, ma coerente con quella che ad oggi è la sua funzione.
Il punto che vi invito a guardare dal basso è uno e solo uno: la chiesa dove fu suggellato l’amore – ormai sfiorito – tra Ilary Blasi e Francesco Totti. Fidatevi, se avete un amico romano e romanista – per loro non credo che esista altro se non questa combo – passando per quella strada vi avrà fatto sicuramente notare che quella lì sopra le scale è la chiesta dove si è sposato il Capitano. Non si può non parlare di Roma senza parlare del suo ultimo Re, inutile prenderci in giro.
Ho sentito così tante volte l’erezione a paladina di Ilary per aver fatto quella scalinata sui tacchi, incinta del suo primo figlio, che forse ne ho la nausea anche solo a ricordare quelle parole. In ogni caso, non ho mai avuto il coraggio di fare quei gradini e non credo che lo troverò tanto presto. Anche se, lo ammetto, mi sentirei talmente tanto Rocky Balboa al termine di questa avventura da iniziare a cantare “Eyes of the Tiger” dimenticandomi di visitare la chiesa.
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