"Greve" un cugino di "grave", ma più osceno
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Tanto pe’ canta’, perché me sento ‘n friccico ner core, cantava Nino Manfredi e forse poche altre canzoni riescono a descrivere la gioia di vivere e la spensieratezza che i romani, qualsiasi cosa gli accada, portano dentro di loro, ma quando nascono gli stornelli?
I romani si sa sono un popolo giocherellone, scherzoso, che forse arriva a scherzare anche nei momenti meno opportuni; è gente che si prende poco sul serio e che cerca sempre di trovare il positivo, la parte ridente della vita. Così nascono gli stornelli, canzoni popolari chiamate così dal termine “storno” e che descrive appunto un canto come quello dello stornello che rimbalza di bocca in bocca. A comporlo poeti improvvisatori, gente di strada, sostanzialmente romani, che hanno sempre la risposta pronta. Una delle fonti da cui potevano nascere queste canzoni, sempre di argomento allegro e canzonatorio, erano i versi o le frasi anonime che durante la notte venivano appese alla statua di Pasquino, posta a pochi passi da Piazza Navona. Da questi versi non era risparmiato nessuno, dai pontefici alle più alte cariche cardinalizie o altri personaggi famosi, usanza che negli ultimi anni sta riprendendo piede. Dai versi quindi appesi sotto la statua Pasquino, talvolta potevano nascere anche delle canzoni rimaste poi nella tradizione popolare.
Un esempio moderno di come poteva essere questa tradizione l’hanno data negli anni ’70 due grandi cantanti della tradizione popolare, come Claudio Villa e Gabriella Ferri; questi due cantanti, non facevano altro che improvvisare sulla stessa base di chitarra, dei versi rimati che avevano come tema quello di prendersi in giro a vicenda.
Claudio VIlla: Vojo cantà così fiore de nocchia
Oddio quanto sei racchia, racchia, racchia
Nun m’alliscià dietro.
Oddio quanto sei racchia, racchia, racchia
Mettite un po’ de profilo
C’hai il naso che ti cola inde la scucchia
Gabriella Ferri: ah, ah,
Vojo cantà così fiore , fiore de zeppo
Ma nun lo vedi si qua.., quanto sei tappo
Ma nun lo vedi si quanto, quanto sei tappo
Tu madre nun ce s’è sprecata troppo
Un altro stornello molto famoso in tutta Italia è quello cantato dal famoso comico italiano Nino Manfredi. La canzone in realtà non è stata scritta dall’attore ciociaro nel 1970, ma risale alla penna di un altro caposaldo della comicità romana, Ettore Petrolini. Questa canzone può descrivere benissimo lo spirito romano che anche a seguito di una delusione d’amore, ritrova sempre l’animo di riprendersi e di continuare lieto la propria vita, proprio come si canta nell’introduzione.
È ‘na canzona senza titolo
Tanto pe’ cantà
Pe’ fa quarche cosa
Non è gnente de straordinario
È robba der paese nostro
Che se po’ cantà pure senza voce
Basta ‘a salute
Quanno c’è ‘a salute c’è tutto
Basta ‘a salute e un par de scarpe nove
Poi girà tutto er monno
E m’accompagno da me
Oltre a quelli di cui abbiamo già parlato, ci sono altri autori come Lando Fiorini e altre canzoni molto famose e popolari a Roma che, sotto forma di stornello, cantano degli spaccati della società romana, come Gita a li castelli che descrive tutta la zona dei Castelli Romani che si snoda a sud di Roma; qui vi riportiamo la versione interpretata da Lando Fiorini.
Un ultimo ascolto che vi proponiamo è del mitico Claudio Villa che canta la famossisima ormai anche fuori Roma, La società dei magnaccioni, che bene testimonia lo spirito compagnesco dei romani.
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