Turisti nella Capitale: Sul tram 19
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I nomi dei quartieri e dei rioni del centro sono facilmente individuabili e interpretabili, ma la denominazione di quartieri relativamente moderni come quello della Garbatella, sorto negli anni ’20 del ‘900 per dare una casa agli operai che lavoravano nelle fabbriche aperte in zona Ostiense, hanno origini più lontane e oscure che oggi vi faremo scoprire
Il quartiere di Garbatella, situato poco più a sud di San Giovanni, è un’area abitata in maniera intensiva da circa 100 anni. Fino agli anni ’20 del ‘900 infatti, qui sorgevano tenute agricole, vigneti e pochissime famiglie vivevano in questo territorio. Basti pensare che nel 1875, nelle terre intorno alla Basilica di San Paolo che si estendevano per circa 10 mila ettari, erano presenti appena 224 famiglie, per un totale di 1160 abitanti. Con l’Unità d’Italia e l’avvento delle fabbriche negli anni ’20, si cominciò a costruire ma non in maniera intensiva. Dimenticatevi palazzoni o altre soluzioni simili, questo infatti diventò un vero e proprio laboratorio di architettura popolare, in cui vennero realizzate case giardino e villini su due piani. In poco tempo fu un esempio per tutto il mondo e subito gli si volle dare un nome; in principio doveva essere Remuria in onore di Remo che avrebbe voluto fondare proprio qui la nuova città, in opposizione a quanto stava facendo Remo sul Palatino, ma poi la storia ha preso un’altra piega e il quartiere cominciò a chiamarsi e a essere chiamato Garbatella.
Non ci sono origini chiare sul nome di questo bellissimo ed elegantissimo quartiere di Roma sud. Quest’area però era un importante snodo per raggiungere la Basilica di San Paolo fuori le mura, durante la visita dei pellegrini cristiani alle Sette Chiese di Roma. Varie ipotesi si susseguono, una che fa derivare il nome di questa zona da una particolare tecnica di coltivazione dell’uva e l’altra da una storia di una bella ostessa che era solita essere molto garbata e gentile con i propri clienti.
Proprio in quest’area infatti, si estendevano intorno alla famosa via delle Sette Chiese, frequentata da pellegrini e cittadini romani, delle vigne coltivate non alla maniera che vediamo oggi, ma attraverso una particolare modalità introdotta dall’agronomo Monsignor Nicolai, nella sua Tenuta dei 12 cancelli, detta a garbata. In sostanza le viti venivano appoggiate agli alberi di acero e di olmo, senza bisogno di pali che servissero a tenerle in piedi. Si immagina quindi una grande presenza di questi alberi e tale modalità di coltivazione permetteva anche meno lavoro in termini di disboscamento. Da questa particolare tecnica dunque, detta a garbata, potrebbe derivare il nome di uno dei quartieri più noti della città di Roma.
Questa zona era solita divenire molto frequentata nei periodi dei pellegrinaggi, nel quale aprivano molte osterie che davano riposo e ristoro ai viaggiatori che passavano. Tra queste si dice ce ne fosse una con una padrona molto gentile, conosciuta da tutti come la garbata e bella ostessa, che come facilmente si può intuire ha dato il nome a tutta quest’area. Il nome di questa locandiera è ancora molto dibattuto, c’è chi pensa si chiamasse Maria, in base alle testimonianze di un dipinto della sua osteria, chi invece Carlotta o infine alcuni professori dell’Università di Roma Tre, dopo una ricerca negli archivi della Basilica di San Paolo, affermano che questa locandiera potesse addirittura chiamarsi Clementina Eusebi, subentrata al marito morto nella gestione dell’osteria.
Qualsiasi fosse il suo nome, a dare maggiore forza a questa ipotesi, vicino piazza Bonomelli, c’è proprio un piccolo busto di donna, con sotto scritto “La Garbatella”. Questo si dice sia proprio il ritratto dell’ostessa! Ora conferme e certezze non ce ne sono, ma ci piace immaginare che questa garbata e bella ostessa sia effettivamente vissuta, dando grande dimostrazione dell’ospitalità dei romani e che proprio i cittadini dell’Urbe abbiano voluto ricordarla lì, dove era solita mescere fojette e servire cibo a chi lo chiedeva!
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