La Fontana della Botticella, il simbolo di un mestiere e di un vecchio porto
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Odi et amo, diceva Catullo nella sua famosa poesia e probabilmente immaginava già il rapporto che da lì a circa 2000 anni dopo sarebbe nato e cresciuto tra i romani e il Grande Raccordo Anulare, sì perché quello tra Roma e la sua enorme circonvallazione non è un rapporto comune, semplice, banale, ma è qualcosa di più, andiamo a scoprirlo.
Il Grande Raccordo Anulare per i romani, non è solo una semplice strada, ma è come una zia (perché di mamma ce n’è una sola e quella è Roma), di quelle che alle volte è affettuosa e altre un po’ scorbutica e nervosa; ma non solo. Il GRA per il romano è anche una comfort zone, uno stato mentale in cui sentirsi al sicuro, protetto, a casa. Quando qualche anno fa qualcuno paventò l’idea di introdurre il pedaggio, ovviamente i romani insorsero non tanto per tirchieria, ma quanto perché sentendola come casa propria, sembrava quasi una cattiveria, una tassa su qualcosa di domestico, di casalingo. Il fatto che sia casa è sottolineata dal fatto che proprio i romani abbiano coniato un termine ad hoc per chiamare coloro che vengono da fuori i confini del Raccordo: burini. Ora non ce ne vogliano gli abitanti di fuori Roma ma purtroppo è così, per gli abitanti della capitale esiste un confine, seppur sottile, seppur quasi inconsistente e invisibile che è quello del raccordo.
Circa 70 km di autostrada a 3 corsie, con una media di circa 21 km di diametro, e circa 160 mila auto che ogni giorno lo attraversano, il raccordo è un vero e proprio anello, una fede nuziale che abbraccia Roma. Le origini della sua costruzione affondano nel dopoguerra, da subito si voleva costruire un raccordo appunto tra le vie consolari a scorrimento veloce. La spinta per la ricostruzione dell’Italia e di Roma era enorme e in poco meno di dieci anni (tra il 1946 e il 1955), fu concluso tutto l’anello. Certo non aveva fin da subito l’aspetto odierno e per arrivare alle tre corsie per entrambi i sensi di marcia e agli ampliamenti che vediamo oggi dobbiamo aspettare gli anni 2000, con i lavori del Giubileo.
Voi direte, beh facile, si chiama raccordo perché riprende tutte le vie consolari e anche le altre secondarie e le unisce, le raccorda in un unico grande anello intorno a Roma. Sarebbe la spiegazione più facile e invece queste tre lettere, GRA raccontano un’altra storia. In realtà Gra non è un acronimo, ma il cognome dell’ingegnere Eugenio Gra, che a capo dell’ANAS, diede una spinta fondamentale alla costruzione di questa grande circonvallazione. Dato però che la legge italiana vieta l’attribuzione di nomi a vie a persone ancora vive o morte da meno di dieci anni, l’intitolazione ufficiale non ci fu mai, ma per mantenere il nome e omaggiare il grande ingegnere si inventò l’acronimo Grande Raccordo Anulare.
…E allora vieni con me, amore,
sur grande raccordo anulare, che circonda la capitale,
e nelle soste faremo l’amore,
e se nasce una bambina poi la chiameremo: “Rooooomaa”
Indimenticabile infine la canzone di Corrado Guzzanti dedicata totalmente al Grande Raccordo Anulare. Il grande comico romano, durante la trasmissione L’ottavo nano, imitando il cantautore Antonello Venditti, dedicò cinque minuti interi al pianoforte alla grande strada che abbraccia Roma e i romani, lo ricordiamo in questo video.
Qual è il vostro ricordo o la vostra storia sul Grande Raccordo Anulare? Raccontacela!
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