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La basilica di San Bartolomeo all’Isola sorge sulla Tiberina, a metà tra Trastevere, rione della prima predicazione cristiana, e l’antico quartiere ebraico: ecco la sua storia e le caratteristiche architettoniche
La basilica di San Bartolomeo all’Isola si trova a Roma sull’Isola Tiberina, edificata alla fine del X secolo per volere dell’imperatore Ottone III su un antico tempio dedicato a Esculapio. Danneggiata in modo irreparabile da una piena del Tevere nel 1557, l’edificio sacro fu ricostruito nel XVII secolo dall’architetto Orazio Torriani. All’esterno presenta una facciata barocca su due piani e un portico mentre all’interno è divisa in tre navate sorrette da colonne antiche. Nella chiesa sono custoditi i resti di San Bartolomeo apostolo, il cui corpo riposa nel sarcofago di porfido rosso sotto l’altare maggiore, e quelli di Sant’Adalberto, vescovo di Praga, ucciso nel 997 mentre era intento a evangelizzare le popolazioni pagane del Nord-Europa.
Tra le opere di maggiore interesse che potete ammirare al suo interno, citiamo la Flagellazione di Cristo, un dipinto di Antonio Carracci. La chiesa è anche nota per essere la sede della Veneranda confraternita de’ devoti di Gesù Cristo al Calvario e di Maria Santissima Addolorata, congregazione nata per iniziativa di un gruppo di fedeli nel 1760. La confraternita ottenne il permesso, da parte di papa Pio VI Braschi di ricavare al piano seminterrato un cimitero per i fratelli defunti. Durante la sepoltura, gli adepti vestivano un mantello rosso con cappuccio che valse loro l’appellativo popolare di Sacconi Rossi. Fin dal principio, si dedicarono al recupero delle salme rinvenute nel Tevere le cui ossa scarnificate venivano deposte nella cripta del convento.
La basilica modificò il tessuto urbanistico dell’Isola Tiberina, espressiva di quel cambiamento generale avvenuto nella città di Roma in seguito alla diffusione del cristianesimo. Il pozzo presente nella basilica, caso molto raro, è un esempio di questo processo: esso probabilmente risale all’epoca romana e le sue acque erano ritenute taumaturgiche. I cristiani hanno saputo conservare e valorizzare quella tradizione: il pozzo è divenuto un simbolo evangelico.
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