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Proprio così, nella notte tra il 28 e il 29 giugno, uno strano rito si può compiere con una semplice bottiglia in vetro riempita d’acqua e un albume d’uovo; questo rito prende il nome di barca di San Pietro, ma a cosa serviva?
Nonostante Roma sia molto legata ai propri patroni San Pietro e San Paolo, questo rito ha origine e diffusione soprattutto nella parte nord est dell’Italia, nelle regione del Veneto, del Friuli, del Trentino e della Lombardia. Alcune testimonianze sono riportate anche in alcune città della Toscana come Lucca, Prato e Pistoia. Questo rito in realtà si è diffuso anche nella pianura pontina, vista la grande presenza di persone provenienti dal nord est dell’Italia, trasferitisi in quei luoghi per lavorare alla bonifica. In sostanza quindi, questa pratica non è tipica di Roma, ma come non omaggiare uno dei nostri patroni, con uno dei riti più magici e spettacolari che si possono fare in questo periodo? Andiamo a vedere di cosa si tratta.
Per svolgere il rito della barca di San Pietro è necessario un albume d’uovo, una bottiglia in vetro o anche un qualsiasi contenitore in vetro e dell’acqua. La prima cosa da fare è riempire il recipiente con il liquido, dopo di che versare l’albume al suo interno. Tutto ciò ora dovrà essere esposto durante la notte alla luce della luna, in un giardino, nell’orto o anche semplicemente sul davanzale della propria finestra. Una volta lasciato il tutto fuori per una notte intera, la mattina successiva noteremo che all’interno della bottiglia – o del recipiente che abbiamo utilizzato – appariranno delle figure che somiglieranno a un veliero o una barca. I filamenti di albume infatti si saranno cristallizzati all’interno dell’acqua ed avranno dato vita a diverse forme. La leggenda vuole che in questa notte, San Pietro, passi per le case a soffiare all’interno della bottiglia, dando vita così alle più varie e strane composizioni.
Questa pratica, diffusa soprattutto tra gli agricoltori, era molto sentita e aspettata, poiché in base alle diverse forme che assumeva l’albume all’interno della bottiglia ci si aspettavano delle buone o delle cattive condizioni metereologiche e anche un’anticipazione su come sarebbe andato il raccolto per l’anno successivo. Le vele aperte, spiegate, erano interpretate come un buon auspicio, mentre quelle chiuse tutto l’opposto, non auspicavano niente di buono. La leggenda probabilmente si lega al fatto che San Pietro fosse un pescatore e che passando di casa in casa a soffiare nelle bottiglie, dimostrava la vicinanza a tutti i propri fedeli.
Se non vuoi rovinarti la magia del rito con la spiegazione fisica del fenomeno allora fermati qui, non leggere avanti! La spiegazione logica di quello che accade risiede nella natura. L’ultima settimana di giugno infatti è di solito tormentata da temporali estivi che danno al clima una maggiore umidità e quindi delle giornate molto calde e afose – come quelle che stiamo vivendo in questi giorni – e delle notti relativamente fresche. Così se in uno stato normale l’acqua e l’albume hanno una densità molto simili, con il calare delle temperature durante la notte, l’albume tende a farsi più pesante e quindi a scendere sul fondo della bottiglia; allo stesso tempo il calore che sale dal terreno genera nell’acqua movimenti convettivi, che tendono a farla risalire. Le prime ore del giorno e quindi il nuovo aumento delle temperature, fanno cambiare nuovamente densità all’albume, che tenderà a risalire e a formare le vele tipiche di questo fenomeno. Diciamo che l’idea che S. Pietro venisse al balcone di casa nostra a soffiare dentro la bottiglia era molto più poetico, sta di fatto che, nonostante ora sappiamo le motivazioni scientifiche, nulla ci toglie di poter svolgere il rito ed essere curiosi di scoprire che forma abbia preso l’albume all’interno della bottiglia il giorno dopo. Taggaci nelle tue stories e mostraci il tuo veliero di San Pietro!
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