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Il presepe posto al centro di Piazza San Pietro, il cuore della cristianità mondiale, sta suscitando numerose polemiche, come probabilmente era previsto. Lontano dalle tradizionali statuine rassicuranti, la Sacra Famiglia di questo 2020 ha sembianze, come dire….spaziali!
È una tradizione consueta, ogni anno, a Piazza San Pietro vengono esposti un albero di Natale e un presepe proveniente da diverse parti del mondo. Quest’anno il primo proviene dalla Slovenia, mentre il secondo da una regione tutta italiana, l’Abruzzo. La rappresentazione della Natività infatti è originale del paese di Castelli, in provincia di Teramo e sono tutte sculture di ceramiche con un aspetto…spaziale!
“Da Castelli, in provincia di Teramo, centro importantissimo per la ceramica fin dal XVI secolo arriva il Presepe con statue di grandezza maggiore del naturale. Un simbolo culturale per l’intero Abruzzo, ma anche un oggetto di arte contemporanea che affonda le sue radici nella tradizionale lavorazione della ceramica castellana. L’opera è realizzata dagli alunni e dai docenti dell’Istituto d’arte “F.A. Grue”, attuale liceo artistico statale per il design, che, nel decennio 1965-1975, dedicò l’attività didattica al tema natalizio. In Piazza San Pietro verranno esposti solo alcuni pezzi della fragile collezione composta da 54 statue. Verranno collocate lateralmente a una pedana luminosa di circa 125 metri quadrati che circonda in leggera pendenza parte dell’obelisco. Le sculture rappresentano i Magi; al centro, sul punto più alto della pedana, è collocato il gruppo della Natività con l’Angelo, posto sopra la Sacra Famiglia a simboleggiare la sua protezione sul Salvatore, Maria e Giuseppe.”
Questa una breve descrizione fornita da Vatican News, a cui si può aggiungere che tutta la scena scolpita dagli studenti abruzzesi, è immortalata tra lo sfondo luminoso che riprende il profilo del Gran Sasso, il gigante che dorme, e il mare, proprio riprendendo il panorama del paese abruzzese teramano.
Il modernismo di questo presepe che affonda le radici in quegli anni ‘60-’70 in cui la corsa allo spazio era come la corsa all’oro nel Far West, è stato fortemente criticato da molti. Come probabilmente ci si aspettava sui social media sono partite le parodie e anche le polemiche, una su tutte quelle del noto critico d’arte e politico italiano Vittorio Sgarbi, che affonda così:
“State a casa. Non lo guardate. Non andate a guardarlo. Il presepe del Vaticano, realizzato dagli artigiani di Castelli in Abruzzo, che solitamente producono degli autentici capolavori, non c’entra niente con la religione cattolica. I personaggi sembrano degli astronauti. Persino le pecore, il bue e l’asinello sono irriconoscibili. Con che faccia li avrà osservati, il Papa? Forse non ne sapeva nulla. Ma non saperne nulla non giustifica questa oscenità. Non giustifica l’umiliazione del cattolicesimo”
Non tutti la pensano in questo modo e altri opinionisti o esperti d’arte invece accolgono l’operazione, come un atto di innovazione anche in un contesto, quello del presepe, in cui il tradizionalismo delle forme è molto forte. Una Natività che sicuramente non verrà ammirata per le sue classiche statue ma che porterà il pubblico a interrogarsi sulle differenti modalità di presentazione e anche sulle diverse figure che fanno parte di questa moderna sacra famiglia. Ancora una volta dunque, l’arte fa discutere e raggiunge così il suo obiettivo, quello di far ragionare e di far confrontare le persone sulla realtà odierna. È questa la sua forza dirompente, far discutere, far parlare di sé, come successe anche per Caravaggio quando dipinse la conversione di San Paolo e raffigurò il sedere del cavallo del santo in primo piano o per Bernini con la sua erotica estasi di Santa Teresa; queste opere oggi fanno parte del canone dei capolavori indimenticabili dell’umanità ma nel corso degli anni fecero discutere e non poco il pubblico e i loro committenti. Un presepe dunque che sicuramente nel bene o nel male rimarrà nella nostra memoria e a te piace? Faccelo sapere nei commenti!
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