La Fontana di Porta Furba, un sorprendente gioiello del barocco
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In provincia di Viterbo si trova il paese di Castel Sant’Elia, da visitare per il paesaggio incontaminato, le architetture religiose tra cui la splendida basilica romanica e il grazioso centro storico
Castel Sant’Elia è un piccolo borgo circondato dal verde in provincia di Viterbo, situato su un pianoro tufaceo, delimitato da burroni tipici della zona. Abitata sin dall’epoca etrusca, grazie al territorio ricco d’acqua e vegetazione che ha favorito lo sviluppo agricolo di vigneti, uliveti e noccioleti. La fondazione però è da attribuire a Papa San Gregorio Magno che incontrò qua Teodolinda, regina dei Longobardi alla fine del 500. Dopo essere stato gestito dalla Chiesa, è divenuto feudo governato da signori locali, i Colonna, Orsini e i Farnese che costruirono il castello ancora oggi visibile. Il grazioso centro storico ha inoltre fortificazioni del ‘200 con un labirinto di vie e case in pietra e baluardi rinascimentali a formarne il perimetro.
Ma Castel Sant’Elia è celebre soprattutto per le architetture religiose, a partire dalla Chiesa rupestre di San Leonardo, ricavata all’interno di un costone di tufo, posizionata sotto il centro storico e il santuario di Maria Santissima ad Rupes, che si raggiunge invece scendendo lungo un cunicolo di 144 gradini scavati nella roccia in 14 anni di duro lavoro dall’eremita Rodio alla fine del 700. Una tela cinquecentesca, che rappresenta la vergine che adora il bambino addormentato sulle sue ginocchia, è conservata nella Grotta Santa.
Ma soprattutto merita una visita la basilica, la cui facciata risale al ‘600, con tre portali, quello di destra con una decorazione pittorica mentre gli altri con frammenti di marmo. In alto due teste di ariete a testimoniare il bene e il male. La torre campanaria è stata distrutta nel 1855. Dallo stile romanico, all’interno è a tre navate con un transetto. Le colonne provengono da ville romane. L’altare maggiore è sormontato da un ciborio decorato da una croce cosmatesca e sorretto da quattro colonne. Gli affreschi sono tra i meglio conservate tra le chiese romaniche del Lazio, nel catino dell’abside troviamo la figura del Cristo redentore con dodici agnelli che simboleggiano gli apostoli. Il lato destro del transetto raffigura visioni dell’apocalisse a cui segue la morte di sant’Anastasio con le esequie e il dolore dei monaci.
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