All’auditorium arrivano due serate accompagnare dalla delicatezza della musica di Luca Barbarossa
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Non basta abbattere le barriere architettoniche nelle città, bisogna distruggere le barriere umane, i muri del pregiudizio e dell’ignoranza! Stasera su RaiPaly dalle 21.00 il Disability Pride 2020 che, causa Covid, non può svolgersi in piazza!
Non hanno bisogno di pietà, né di compassione, hanno bisogno di riconoscimento! Perciò il Pride in piazza: un mezzo dal valore rivoluzionario per dire: “guardateci esistiamo anche noi, ognuno ha il diritto di contare e ogni corpo possiede dignità!”. Ché aveva ragione Forrest Gump: “Stupido è, chi lo stupido fa!” e, quando arriva il momento di farsi sentire, se il mondo non ascolta, non resta che urlare più forte.
Come ogni anno, dal 2015, torna il Disability Pride, un evento utile a focalizzare, l’attenzione della società civile, sul mondo delle disabilità fisiche ed intellettive! Sebbene abbia sfiorato l’annullamento, causa Covid, il Disability Pride 2020 quest’anno si farà, non in piazza, ma virtualmente! La televisione offre all’evento, infatti, uno spazio interamente dedicato: prodotto da Rai Pubblica Utilità, con il supporto di Rai Per il Sociale, il Disability Pride andrà in onda su RaiPlay, stasera a partire dalle 21!
Gli intenti sono gli stessi del Pride in piazza: il programma televisivo manterrà lo spirito e gli obiettivi del Disability Pride. Saranno mandate in onda testimonianze, riflessioni, propositi e condivisioni di valori, con lo scopo di accordare, Associazioni e Istituzioni, sui temi della disabilità. Ci si concentrerà a tutto tondo sulla questione, spesso resa invisibile, raccontando storie, esplorando ed analizzando. Temi quali l’accoglienza, le barriere, i diritti verranno messi in luce e, soprattutto, ci si chiederà cosa fare, con servizi ed ospiti in studio. Non ultime, le esibizioni artistiche di performer disabili ricorderanno (ancora una volta) quanto, spesso, i limiti mentali dei “normodotati” siano più invalidanti di qualsiasi disabilità.
Insomma, un’opportunità da non perdere, soprattutto per chi crede che la disabilità sia solo una mutilazione, una menomazione e, invece, è molto di più: l’Altro, l’Alterità “differente”, nel senso che “fa la differenza”.
Avete mai pensato a quanto l’ambiente circostante renda disabili? Se non fosse così, forse, non esisterebbero discriminazioni. Non si tratta solo di architetture create ad hoc per la maggior parte delle persone (come se la maggioranza fosse, solo e sempre, l’unico fattore decisivo), ma di mentalità e cultura.
Persino il termine “diversità” disturba – e non poco -. Se riuscissimo a sostituirlo con “unicità”, la percezione cambierebbe. Nel termine “unicità”, la vita delle persone affette da disabilità non sarebbe diversa da quella di ognuno. C’è chi ha gli occhi blu, chi i capelli arruffati, chi apprende velocemente, chi non sa parlare, chi non può sentire, chi non può camminare e chi può comprendere NON meno, ma con altri mezzi o, semplicemente, altro! La disabilità non è l’impossibilità di fare qualcosa, ma la possibilità di fare, in altro modo, le stesse cose; è saperne fare addirittura delle altre!
Includere, allora, significa dare spazio ad una ulteriore (non diversa, non sbagliata, non minore) lettura del mondo variopinto, che abitiamo! Vuol dire dare voce per diritto non per concessione, quasi si trattasse di un privilegio riservato!
Nessuno vive una vita identica a quella altrui – e per fortuna! – Le ricchezze, in natura, sono date dalle particolarità e dall’incontro con l’altro, colui che non siamo: qualcuno da cui poter imparare; una persona in grado di proporre altri pensieri, di mostrare altre strade, di fare altre domande.
Perché Maggioranza non è sinonimo di verità, nonostante la società sembri interessata solo ai numeri: maggioranza è ciò su cui abbiamo deciso di basarci, per dare vita ad un luogo che fosse vivibile…ma per la maggioranza appunto!
In base a questo abbiamo definito cosa dovesse essere la “vita normale” e abbiamo realizzato la realtà circostante, dimenticando che – “questo”- non è tutto. Così, abbiamo fatto l’errore di tralasciare, giustificando le nostra scelta con la scusa delle “eccezioni”, dei “casi”, degli “imprevisti” – i “fuori norma”, secondo quella norma – e, nel tralasciare, abbiamo stigmatizzato.
Il “diverso”, in fin dei conti, è colpa nostra e nostra responsabilità! La vita non è una scienza, eppure ci siamo comportati come un gruppo di scienziati: abbiamo stabilito regole generali, universali, valide per ognuno e giuste, ma solo secondo una certa osservazione. Già, perché la prova dell’evidenza era di nuovo fatta da “normodotati” per “normodotati”, perciò, nella maggior parte dei casi, quelle “norme” funzionavano: le “variabili” erano state escluse dall’inizio! Non abbiamo pensato la realtà come fosse di tutti e per tutti: la “maggioranza dei simili“, forte del suo potere (potere che si è auto-conferita e che ancora detiene, altrimenti perché un Pride?), ha creato un catalogo di caratteristiche d’appartenenza al “normale”.
Infine, questo processo ha stabilito, convalidato, accettato e resa possibile un’unica narrazione: la nostra, a discapito di tutte le altre.
Il Disability Pride ne è la dimostrazione.
Se qualcuno ha bisogno di altri mezzi, per fare cose che a molti appaiono semplici, domandiamoci perché quelle cose appaiono semplici, a quei molti.
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