La street art prende piede ormai ovunque e chi di noi non conosce Banksy? Al via a Roma dall’8 Settembre la mostra dello Street Artist in incognito più famoso al mondo
Fanno muro, dipingiamoci sopra
C’è ancora chi non la chiama arte, chi dice si tratti solo di scarabocchi o chi creda sporchi i muri della città, ma l’arte urbana ha ormai preso piede e pionieri del calibro di Banksy altra definizione non possono avere, se non quella di artisti! Vi piaccia o meno, la Street Art, non più solo graffitismo, è davvero arte e, nonostante i pareri controversi, disegnare murales è diventato negli anni un nuovo modo di esprimere idee. Dai muri di NewYork a Roma, la tela si trasforma in parete, i pennelli in vernice colorata (non sempre spray) o adesivi e il perimetro si riempie di disegni studiati, precisi, belli: opere d’arte in giro, inaspettate e gratuite. È un inno alla libertà, una critica all’autoritarismo delle gallerie, dei critici d’arte e di quell’élite, sempre più chiusa e distante dai fatti del mondo, di cui sono parte alcuni artisti da museo.
Quale modo migliore per comprendere questa nuova forma d’arte se non recarsi alla mostra di uno dei suoi nomi più importanti?
Presumibilmente nato a Bristol, poco si sa sulla sua identità. Intorno all’artista Banksy aleggia da sempre una vera aurea di mistero: non sappiamo chi è, non sappiamo che volto abbia e le notizie sul suo conto risultano per la maggior parte supposizioni. Eppure, l’artista ha conquistato il mondo grazie alla sua arte e ognuno di voi avrà certamente visto i suoi lavori intrisi di ironia, intelligenza, protesta e politica. La decisione dell’anonimato, ha spiegato in qualche intervista, nasce sicuramente da più esigenze: tutelarsi contro possibili denunce per incursioni e graffiti illegali; non voler decentrare l’attenzione dalle sue opere d’arte; sfuggire da prevedibili accuse, viste le tematiche trattate nei suoi lavori, per lo più legati ad argomenti politici piuttosto sensibili.
Senza mezzi termini l’arte di Banksy rifiuta sistemi e regole, palesando a volte tutto il suo dissenso contro i temi scottanti del mondo: povertà, guerra, consumismo, animali, ecologia, potere. Le sue opere sono in grado di informare e far riflettere lo spettatore, di conquistarlo grazie all’uso di figure empatiche, dirette, potenti. Per chi osserva le opere di Banksy, quei disegni sono un cortocircuito continuo; sono il paradosso inestricabile tra la forma esteticamente bella di un disegno ed il suo contenuto, tutt’altro che bello e, per certi versi, straziante. Lo Street Artist ci mostra chi siamo, cosa facciamo al mondo e come, utilizzando il tipico linguaggio tagliente di chi, “solo” attraverso un’immagine, sa andare dritto alla realtà delle cose, toccando il punto fragile di ognuno.
Dai murales alle navi: i temi che tratta non diventano solo disegni
Perciò non stupisce che, l’attenzione dell’artista, sempre dalla parte degli esclusi, dei reietti, degli emarginati, portavoce della sofferenza degli invisibili, si sia impegnato in campo sociale con più mezzi, oltre quelli artistico-espressivi. Proprio degli ultimi giorni è infatti la notizia secondo la quale Banksy abbia finanziato la costruzione di una nave, per i soccorrere in mare chi si dirige verso l’Unione Europea. Li chiamano immigrati, profughi, clandestini ma per lui sono solo persone, “non europei” da salvare: non possiamo chiudere gli occhi verso chi chiede aiuto, questo il mantra. Così, spiega, come ogni artista di successo anche lui ha comprato uno yatch, ma l’ha convertito in una grossa imbarcazione di salvataggio bianca e rosa! Un altro schiaffo a chi, seppur possedendo le possibilità economiche per supportare gli altri, si volta dall’altro lato, fa finta di niente; un’altra presa di posizione forte, stavolta contro le politiche di chiusura, detentrici di quell’assurda autorità che, oltre ogni umanità, resta indifferente persino alla morte.
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