"Live in Roma", a un anno dalla morte di Franco Battiato
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A Roma non manca niente e, se ami il brivido, stiamo per proporti delle esperienze più suggestive di sempre: resterai esterrefatto!
Se pensate che questo sia il solito articolo sulla bellezza di Roma, i suoi scorci romantici e le sue vedute panoramiche da pelle d’oca, ciò che stiamo per rivelarvi vi stupirà. Vi chiediamo in cambio una buona dose di coraggio, giusto per non impressionarvi troppo, perché si parlerà di misteri, di oscurità e di simbologie tutto sommato, come dire… un po’ particolari!
Sapete che a Roma c’è un luogo pieno di ossa e teschi umani? – così: a brucia pelo!
Meta anni ’50-‘60 della vita mondana capitolina e degli appostamenti dei paparazzi de La dolce vita, la raffinata e lussureggiante via Veneto, a due passi da Piazza Barberini e la fontana del Tritone del Bernini, fra il verde di Villa Borghese e il caos cittadino del centro, cela da secoli, nel sottosuolo, uno dei luoghi più spaventosamente affascinanti di Roma: la cripta dei frati cappuccini.
Via Veneto di vita ne ha vista passare tanta, soprattutto da copertina, passerella di grandi personaggi del jet set internazionale, attori hollywoodiani e artiste del calibro di Sofia Loren, tuttavia, molti di voi non sapranno che, proprio sotto tutta quella vitalità, dal 1500 si sono raccolte, accumulate e sistemate le ossa di circa 4000 frati cappuccini, all’interno della cripta della chiesa di Santa Maria della Concezione, al numero 27. Il luogo, avvolto di una bellezza inquietante a tratti macabra, è ornato di ossa del corpo umano recuperate, fin oltre la metà dell’800, dal vecchio cimitero dell’Ordine, ubicato nei pressi del Quirinale. L’ingresso della cripta, raggiungibile dall’interno della chiesa, è annunciato dalla dicitura: “Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete”. La frase, memento mori comunemente usato nel passato, ricorda a tutti la duplice presenza della vita e della morte, come momenti necessari dell’esistenza e, se avrete lo stomaco abbastanza forte e sarete poco sensibili alla vista di ossa umane, la visita non vi lascerà indifferenti.
Il percorso comincia dal Museo dei frati cappuccini, preambolo sulla storia dell’ordine religioso: un racconto condito di cimeli, opere d’arte, documenti e oggetti simbolo, provenienti da tutto il mondo. Di solito, vi si passa frettolosamente, travolti dalla curiosità per la cripta, ma il luogo è comunque particolarmente interessante – potremmo dire, anzi, quasi utile a prepararsi al resto (o ai resti!).
Scese le scale, l’ambientazione cambia e ci si addentra nel lungo corridoio della cripta da cui è possibile accedere a cinque piccole cappelle. Tutto è interamente ornato di ossa umane atte a comporre i tradizionali simboli legati alla morte: clessidre, farfalle, orologi; dal soffitto pendono lampadari fatti di coccigi e falangi; alle pareti sono ordinatamente disposti teschi, tibie e femori. La decorazione di ogni cappella è a tema e caratterizzata dall’uso prevalente di un tipo di osso, così sono riconoscibili la cappella delle tibie, quella dei teschi, quella dei bacini, dei tre scheletri e della resurrezione. Non mancano poi corpi interi di frati cappuccini, con indosso il tipico saio; né manca la ricostruzione dello scheletro di un bambino con in mano una bilancia e la falce del mietitore, anch’esse fatte di ossa.
Un posto spettrale, insomma, di definizione e di fatto!
Eppure, l’intento non è quello di spaventare, ma di esorcizzare la morte fisica: il corpo non è che un contenitore. Le ossa, semplicemente utilizzate come materiali, servono allora da spunto al visitatore che, seppure attraverso un linguaggio artistico piuttosto crudo, è obbligato a fare i conti con la morte e spinto a sperare nella vita eterna della propria anima.
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