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Sono le 18:30 dell’8 settembre 1943, Radio Algeri trasmette in inglese il proclama della resa italiana agli Alleati, per bocca del generale statunitense Eisenhower. Poco dopo, da Roma il Proclama Badoglio in EIAR conferma l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile: è l’inizio della campagna italiana di Resistenza nella guerra di Liberazione contro il nazifascimo. Ma quanti di voi ricordano la mancata difesa di Roma?
Il 10 Giugno 1940 Benito Mussolini, affacciato al balcone di Palazzo Venezia, tiene uno dei suoi più celebri ed infuocati discorsi. L’Italia entra nella seconda guerra mondiale, al fianco della Germania nazista. Di lì a poco, la notizia del fallimento: passano tre anni e la disfatta italiana si fa sempre più evidente. L’8 settembre 1943 il generale Badoglio, dalla sede romana dell’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, dichiara terminata l’alleanza con Hitler: è l’inizio della campagna d’Italia e della Resistenza partigiana nella guerra di Liberazione italiana.
Alle 20:30, dello stesso giorno, i partigiani comunisti incontrano il generale Carboni, per farsi consegnare un carico di armi da distribuire alla popolazione, in vista del probabile attacco tedesco. Le armi, depositate a Campo de’ Fiori, a Testaccio, a Prati e a Porta Pia, verranno però sequestrate dalla polizia nella notte tra il 9 e il 10. La reazione dell’esercito tedesco non tarda ad arrivare e i militari della Wehrmacht occupano, con una manovra a tenaglia, la Capitale da nord a sud, secondo le direttive dell’Operazione Achse, stabilite dal Führer in caso di defezione italiana. La situazione è critica, sul ponte della Magliana i granatieri cercano disperatamente di allontanare i tedeschi.
Nel frattempo, all’alba del 9 settembre il re Vittorio Emanuele III, Badoglio e illustri esponenti del governo e dei vertici militari fuggono alla volta di Brindisi. Civili, militari, partigiani, oppositori: tutti in reazione spontanea (e purtroppo non coordinata) si battono per la difesa di Roma. Il momento si fa sempre più delicato, Roma è lasciata sola, abbandonata al suo destino e il regio esercito (circa 80.000 uomini), tutt’intorno, non sa cosa fare: i tedeschi hanno il passaggio facile. I partiti del comitato nazionale antifascista, istituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale a via Poma. L’indomani dal forte Prenetestino, ormai occupato dai granatieri, si annuncia che i tedeschi si sono insediati all’EUR. Dalla roccaforte romana della Montagnola di San Paolo (quartiere Ardeatino), le truppe tedesche avanzano verso via Ostiense, fino a Porta San Paolo. Qui, squadre improvvisate del Partito comunista, di Bandiera Rossa e del Partito repubblicano combattono i tedeschi: Porta San Paolo diviene l’ultimo baluardo della resistenza romana. A Trastevere si cominciano ad organizzare formazioni volontarie per affiancare i militari; Sandro Pertini guida i primi socialisti armati nella difesa della città eterna, ma i tedeschi riescono a scamparla ancora.
Il centro di Roma è teatro di scontri all’ultimo sangue. Giunti a piazza dei Cinquecento, vicino all’attuale Termini, i tedeschi si barricano dentro l’albergo Continental, da cui cominciano a sparare. Un tranviere, un facchino e tre giovani romani contrattaccano al fuoco, centrando le finestre della struttura; altri giovani si fanno avanti. Il 10 settembre 1943 gli italiani firmano la resa con i tedeschi. Roma viene dichiarata ancora città aperta (come era stato fatto già il 14 agosto dello stesso anno) cioè smilitarizzata e ceduta all’occupazione del nemico, per evitare di distruggerla.
A Roma, a causa della mancata difesa regolata, del disgregamento delle strutture dirigenti italiane, e del disorientamento delle truppe dopo l’armistizio, il conto dei civili volontari fu disastroso, 183 morti di cui 27 donne; non da meno fu quello dei militari, sempre volontari, oltre 1100.
Tra le conseguenze della inoltrata occupazione tedesca di Roma ci furono le numerose deportazioni dei civili superstiti e il tristemente noto eccidio delle Fosse Ardeatine.
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