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A Passatella: il gioco da osteria


“Fatece largo che passamo noi, i giovanotti de sta Roma bella” perché si sa a noi Romani ce piace fa’ caciara. E in quale luogo migliore se non in un’osteria?

 

L’osteria, pe’ falla corta e pe’ falla breve

Si sa, Roma è la città dei goderecci: “a noi ce piace de magna’ e beve” – bene! –, perciò ciò che nasce a Roma, degli ambienti tutti ’n tiro e ’mpomatati da moderni finger food, non c’ha ’na virgola.

Nel pieno del folclore, tipicamente esagerato e caciarone di Roma, simbolo indiscusso è da sempre l’osteria, l’ideale luogo di ritrovo dei romani, ancor più se in comitiva.

Dall’antica Roma, le osterie, ne hanno viste passare di genti, poco importa si trattasse di nobili, cardinali o semplici bottegai: senza distinzioni sociali, tutti vi entravano affamati, assetatati, tristi, annoiati e tutti vi uscivano sazi, rincuorati e felici. Per questo motivo, già anticamente, era comune intrattenersi non soltanto per mangiare, ma per partecipare, durante una bevuta, a qualche divertente gioco da osteria: primo fra tutti la passatella. E quanti di voi si sono goduti le famose parole di un giovane Celentano, a mo’ di intro al gioco: “A Frascata’, un quartarolo de bianco marinese asprigno e generoso, come er core de a’ donna che me vo’ bene, a Passatella cor padrone e sotto, senza trucco e senza ’nganno, senza accordo e senza danno, cor bicchiere sempre cormo e uno solo a regge l’ormo”! – della celebre commedia Rugantino?!

Ma come si gioca a Passatella?

L’origine di questo popolare passatempo da osteria affonda le sue radici addirittura nella Roma imperiale (se ne trovano tracce in  Catone ed Orazio), divenendo parte della tradizione romanesca, solo successivamente, in epoca papale. Come oggi, anche anticamente l’avvio del gioco prevedeva una sorta di cerimoniale: battute, allusioni, frasi spinte che, rinforzate dall’effetto inebriante del vino, rendevano il tutto ancora più divertente. Spesso organizzata da gruppi di amici, la passatella, funzionava cosi: bisognava prendere qualche litro di vino e riuscire a far restare a bocca asciutta uno dei partecipanti; lo scopo era quello di prendersi gioco, alla fine, di chi era rimasto a secco. Ovviamente erano previste delle regole, a partire dalla conta: tutti i partecipanti dovevano aprire simultaneamente le dita della mano, come nella morra cinese e il prescelto, colui sul quale ricadeva l’ultimo numero della conta, poteva bere per primo, assumere il ruolo di “conta” e scegliere, fra gli altri, un “padrone” e un “sottopadrone” del vino. Al padrone spettava poi il compito di versare a piacere, a tutti i partecipanti, a chi più a chi meno, la bevanda, stando però ben attento alla decisione di “passare” del “sottopadrone”. Quest’ultimo aveva, infatti, il compito di decidere quale giocatore dovesse essere saltato, nel riempire i bicchieri. Chi, alla fine di una serie di giri, restava definitivamente escluso veniva chiamato “ormo” e aveva l’ingrato compito di pagare per tutti , altro che pagare alla romana!

 

Oste portece ’nartro litro!

Il gioco poteva andare avanti per molti giri e la parte più esilarante, ma anche più pericolosa, era quando l’ormo del precedente giro assumeva in sorte, nel nuovo giro, il ruolo di padrone o di sottopadrone. In quei casi, infatti, erano solite le ritorsioni verso coloro che, in precedenza, l’avevano fatto zimbello del gruppo e accadeva che, proprio per vendicarsi dell’affronto, l’ormo che prendeva le redini bevesse tutto il vino a tavola, non solo rischiando lui la sbornia, ma dando avvio ad una delle tanto conosciute risse sanguinose, legate al gioco.

Secondo alcuni, addirittura  Papa Sisto V volle provare il gioco con i suoi cardinali, per capirne gli esiti così violenti e, in effetti, neanche in quell’occasione andò tanto bene: fatto ormo per molti giri, il pontefice stesso cominciò a scagliarsi verso i cardinali che non volevano farlo bere.

Tuttavia, il gioco continuò ed essere giocato nelle osterie almeno fino agli anni ’20 del secolo scorso, anno in cui venne vietato e punito con severe sanzioni, proprio per via delle sue spiacevoli conseguenze. Oggi, la Passatella in osteria, è ormai dimenticata, ma in qualche paesello di periferia romano, se siete fortunati potrebbe ancora capitarvi di vedere un gruppetto di anziani alle prese – pacifiche! – col gioco.