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Un’ombra scura passa sul colosseo, si fa i fori imperiali e arriva a Piazza Venezia: non è una nuvola, ma il digiribile GoodYear! E se non ne avete mai sentito parlare, ci pensiamo noi!
Roma e la parola “dirigibile” vanno a braccetto dai primi anni ’20, da quando Umberto Nobile progettò il dirigibile “Roma”, poi acquistato nel 1921 dall’Esercito degli Stati Uniti.
Anni ’70 – Roma, in piena rivoluzione culturale economica politica, si prepara ad affrontare i famosi anni di piombo; alla radio suonano i Led Zeppelin, i Pink Floyd, i Deep Purple, i Queen; davanti ai bar la gente si può dividere in due grandi gruppi, da un lato i freak e i vecchi hippie, dall’altro le comitive di quartiere col vespino, accompagnate dalle note di Baglioni. Sono gli anni del coprifuoco, di via Fani, di Moro e le Brigate rosse, delle lotte operaie in piazza e del compromesso storico di Berlinguer. Sono gli anni di una Roma che scalpita, che vuole cambiare e, se necessario, è pronta a ribellarsi. La città non è troppo affollata – almeno non come ora -, le periferie sembrano lontanissime dal centro e tutti conoscono Fellini, Pasolini e Carmelo Bene. La Rai manda in onda Carosello, il novantesimo minuto e Canzonissima, per le famiglie che possono permettersi il televisore. I giovani si danno appuntamento per vedersi – niente notifiche sullo smartphone! – si incontrano di routine in qualche locale sotto casa e di telefonarsi, col telefono di casa – per chi ce l’ha- non se ne parla affatto, consuma ’n sacco! La gente sa ancora guardare fuori, perché nessuno è fisso davanti ad uno schermo e sui cieli di Roma, preannunciato dal rombo potente del motore a pistoni, una strana nuvola grigia enorme fa la sua apparizione. Somiglia ad un pallone da rugby gigante, ma è il dirigibile della GoodYear.
Tutti corrono sul balcone, aprono di corsa le finestre e osservano a naso in su il cielo, incuriositi dalla strana forma in aria “a supposta”. Oggi, vedere un dirigibile solcare il cielo, non farebbe certo quell’effetto lì: abituati ad un mondo di tecnologie sofisticate ci stupirebbe sul momento, ma resterebbe quasi un fatto normale fra tutti gli altri. La meraviglia della novità causata allora, però, potendo fare un salto in quegli anni lì, era il sintomo di una società diversa, affascinata da una cosa così moderna, inspiegabile e grande!
I giornali, spesso, riportavano di “flaps” and “waves” per indicare gli avvistamenti ufo e vedere un corpo estraneo, di quelle dimensioni, attraversare lentamente il cielo della Capitale somigliava più a qualcosa di magico, che a qualcosa di realmente umano.
Dal fascino maestoso, quel gonfio pallone allungato era la trovata pubblicitaria della GoodYear, la nota azienda americana di pneumatici, che da poco aveva costruito un suo hangar nei pressi di Roma.
Vasco Rossi l’avrebbe definito così, se solo avesse scritto Bollicine negli anni ’70, come “un piccolo spazio: pubblicità” anche se il dirigibile era davvero tutto fuorché piccolo, nei suoi 60 metri di lunghezza!
Se di giorno la scritta nera era poco visibile, di notte il pannello, che era tutto illuminato, si accendeva e si spegneva e il dirigibile diventava un’astronave tutta lampeggiante.
Come un sigaro gigante, dopo cinquant’anni dalle trasvolate di Umberto Nobile e quelle dei dirigibili al Polo Nord, una nave volante sorvolava di nuovo i cieli e, stavolta, quelli di Roma. Il modello, chiamato in gergo aeronautico Blimp, era privo all’interno di una struttura rigida: un lento siluro aeromobile caricato ad elio, insomma.
Se ancora non siamo riusciti a farvi sognare – e pure un po’ rosicare – adeguatamente, sappiate solo che sul dirigibile era possibile salire! Dall’alto, lo spettacolo di Roma in tutto il suo splendore, come il migliore dei film romantici!
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