Carmentalia, un’antica celebrazione di sapienza e profezia
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C’è un mistero particolare a Vitorchiano, all’interno del bellissimo borgo medievale in provincia di Viterbo. sorge una statua dell’Isola di Pasqua alta 6 metri, costruita con la famosissima pietra locale ovvero il tufo piperino, ma cosa ci fa un Moai nel Lazio?
Chi più, chi meno, conosciamo tutti, almeno di vista, le statue dell’Isola di Pasqua, che dagli anni ’90 in poi sono diventate celebri in tutto il mondo. Il loro significato però è ancora avvolto nel mistero e gli studiosi di tutto il mondo ancora si interrogano sulla loro funzione. C’è chi dice che indicavano alla popolazione dell’isola la direzione in cui trovare l’acqua, altri studi invece affermano che le statue erano semplicemente delle raffigurazione degli dèi venerati dai maori che abitavano l’isola o altri addirittura ipotizzano che le statue erano simbolo di fertilità o delle raffigurazioni di personaggi importanti dell’isola. Insomma ancora nun c’hanno capito molto, mettiamola così, ma un altro fatto che aggiunge mistero a questa storia è la presenza di una di queste statue a un’ora da Roma, nel paese di Vitorchiano, in provincia di Viterbo.
Ora da escludere a priori sono due fatti: il primo che in antichità abitanti dell’Isola di Pasqua siano arrivati con le loro barche fino nel Lazio, solcando i mari del Pacifico e dell’Atlantico, portando in dono un’offerta ai romani o ai loro successori. In secondo luogo è da escludere anche il contrario ovvero che i romani siano arrivati all’Isola di Pasqua e abbiano riportato indietro ‘sta stauetta, come…souvenir diciamo, abituati com’erano a farlo con gli obelischi egizi e non solo. Il problema è che questa statua non è nemmeno uno scherzo, un falso spacciato per autentico, come accadde per le sculture di Modigliani trovate in fondo all’Arno a Livorno, nell’estate dell’84.
Per risolvere questo mistero bisogna tornare indietro al 1992, quando una famiglia maori dell’Isola di Pasqua, arrivò in Italia per diffondere la bellezza delle loro sculture e per trovare dei materiali simili che potessero aiutarli a restaurare le loro statue in via di deterioramento. Così arrivarono a Vitorchiano, dove trovarono il tufo piperino, molto simile a quello che i loro antenati utilizzarono per costruire i famosi Moai. Così dovendo fare delle prove pratiche, cominciarono a costruire questa statua; il tutto non sfuggì agli occhi della televisione che seguì tutta la sua realizzazione, dall’inizio alla fine. Una volta creata la scultura i maori decisero di lasciarla in dono alla città di Vitorchiano, che da quell’anno si gemellò con l’isola di Rapa Nui – il nome maori dell’Isola di Pasqua -, proprio in virtù di queste sculture di pietra che da quel momento accomunavano i due luoghi.
Questo evento fu storico non tanto per il gemellaggio, ma quanto perché la statua di Vitorchiano fu il primo Maoi al mondo ad essere costruito al di fuori dell’Isola di Pasqua. Oggi questo record Vitorchiano lo divide anche con un altro paese, Chiuduno, in provincia di Bergamo, che dal 2015 ospita un secondo esemplare di questo particolarissimo tipo di statua nella sua cittadina, sempre realizzato da una famiglia maori arrivata in Italia dall’Isola di Pasqua. Ora se passate per Vitorchiano e vedete un faccione de pietra arto 6 metri, co ‘na nasca ‘mponente, le ‘recchie lunghe e ‘n’ombelico gigante, sapete che quello non lo portarono i maori secoli fa, né lo riportarono i romani dopo uno dei loro lunghi viaggi di conquista, è solo un bellissimo esempio di scambio culturale e fraternità tra popoli che abitano due parti completamente opposte dello stesso pianeta.
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