È un’esclamazione nata in terra salentina ai tempi delle incursioni turche – la più celebre è dell’agosto 1480, quando i soldati ottomani saccheggiarono Otranto. Tuttavia, “Mamma li turchi” è diventata un’espressione nota in tutto il territorio italiano e siamo certi che qualcuno la citerà goliardicamente quando, domani sera, si giocherà la partita inaugurale degli Europei di calcio: Turchia – Italia!
Roma, dove avrà luogo la sfida, è però già stata al centro dei “giochi” (molto meno amichevoli) per i turchi: accadde molto prima che la Penisola italiana riunificasse tutte le proprie entità statuali in un unico regno, e l’Europa tremava dinanzi all’avanzata dell’Impero Ottomano.
La Mela d’Oro
Era il 1453, anno che alcune linee temporali suggeriscono come data di scansione storica per decretare la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età Moderna. Con l’assedio di Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, le truppe turco-ottomane guidate dal sultano Maometto II fecero capitolare i bizantini, segnando definitivamente il crollo dell’Impero Romano. L’espansione a ovest dell’Impero Ottomano sembrava irriducibile e si colora di forti tinte romanzesche se si pensa all’appellativo con cui gli ottomani usavano riferirsi, di volta in volta, alla città da espugnare: la mela d’oro. La mela, simbolo di discordia in diverse culture –nella Genesi una mela ha preluso la cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva ed è lo stesso frutto ad aver causato gli antefatti che portarono allo scoppio della guerra di Troia nell’Iliade di Omero –, è per sua stessa ambiguità adatta a indicare l’oggetto di un desiderio smanioso e proibito: l’appellativo di mela d’oro era perfetto per indicare l’obiettivo desiderato dal sultano. Così, quando finalmente la prima mela d’oro, Costantinopoli, cadde, gli ottomani spostarono le loro mire sull’altra incommensurabile capitale: da allora in poi, è a Roma che spetta il soprannome di Mela d’oro. E mai nome fu più azzeccato. Come un vero frutto proibito, la conquista di Roma resterà per sempre un desiderio inappagato del sultano.
Dopo Costantinopoli
La strada verso Roma era molto lunga: una volta iniziata la penetrazione nella penisola balcanica grazie al varco aperto dall’occupazione di Costantinopoli, l’obiettivo principale degli Ottomani diventò Buda, il nucleo più antico dell’odierna Budapest. Venne così la volta di Vienna, che per gli Ottomani divideva esattamente a metà il percorso di espansione in tutte le direzioni che avevano intrapreso. Vienna si frapponeva tra il sultano e Roma, la Mela d’oro, dove, però, l’Impero non arrivò mai: Maometto IV non poté mai coronare il sogno di abbeverare i propri cavalli alle fontane di Piazza San Pietro.
L’assedio di Vienna
Nell’autunno del 1529, il sultano Solimano il Magnifico mise in atto una serie di manovre militari che miravano all’espansione a settentrione dell’Impero Ottomano e che avrebbero dovuto culminare nella conquista della città di Vienna, funzionale a ottenere il riconoscimento dell’Ungheria come stato-vassallo. Il tentativo di espugnare la capitale dell’Impero Asburgico, tuttavia, non sortì gli effetti sperati: le lunghe marce in territorio balcanico, battuto da piogge torrenziali, avevano severamente alleggerito il carico di armi da fuoco dell’esercito ottomano e così, quando a settembre giunsero alle porte della città, gli ottomani partirono all’assedio già in svantaggio. La negoziazione della resa asburgica, su cui Solimano puntava, non si realizzò: Vienna resistette, e il clima rigido e l’assenza di viveri resero ben presto inospitali le condizioni di vita negli accampamenti militari turchi. Il 14 ottobre del 1529, dopo quasi un mese di assedio e di incursioni fallimentari, Solimano ordinò la ritirata.
Gli ottomani provarono ancora una volta a espugnare Vienna: la battaglia di Vienna del 1683, che si risolse in un secondo fallimento per gli invasori, segnò il punto di inizio di una crisi che porterà al lento disgregarsi dell’Impero Ottomano.
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