“T’ha sarvato Santa Pupa!”, ma chi è questa santa?
16 Agosto 2020
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“Nun s’è fatto niente grazie a Santa Pupa!” Se siete di Roma ed eravate un po’ scalmanati da piccoli, sicuramente questa è un’espressione che avrete sentito più di una volta. Ma chi è questa famosa Santa Pupa? Che origine ha? È mai esistita?
Le origini di Santa Pupa
Purtroppo dobbiamo sfatare subito un mito: ufficialmente, secondo il canone della Chiesa Cristiana, Santa Pupa non è mai esistita. Lo so, ma in fondo le brutte notizie si devono ricevere così a bruciapelo, papale papale, come si dice a Roma, girarci troppo intorno non è buona cosa. Ebbene sì dunque, la famosa Santa Pupa, che tanto ti ha protetto da bambino non esiste, è un’invenzione tipicamente romana e se tu che non sei di Roma e stai leggendo ti trovi un po’ spaesato, ora ti spieghiamo quando viene invocata.
L’invocazione a Santa Pupa
L’invocazione a Santa Pupa nelle zone di Roma si fa quando un bambino, soprattutto se in tenera età si caccia nei guai o rischia di farsi molto male cadendo o sbattendo da qualche parte. Se tutto va per il meglio e quindi il bimbo si salva senza particolari ferite si ringrazia Santa Pupa, che si pensa abbia protetto il pupo, appunto, che sarebbe il ragazzino in dialetto romanesco e lo abbia preservato da un qualcosa di brutto. L’origine probabilmente deriva dalle divinità minori nell’antica Roma che avevano proprio il compito di proteggere i bambini da questo tipo di incidenti e nel passaggio dalla cultura pagana a quella cristiana, lo strato popolare ha mantenuto questa immagine di protezione, trasformando il tutto da dea a santa. Di Santa Pupa inoltre, si ha anche un ritratto a olio, di autore ignoto esposto nel Museo di Roma in Trastevere.
Il sonetto in romanesco di Gioacchino Belli
E molto devoto a questa santa doveva essere anche il poeta romano Gioacchino Belli che si dice avesse un figlio molto scalmanato che si cacciava sempre nei guai. Allora proprio per ringraziare Santa Pupa, il poeta romano, nel 1833 gli dedicò questo sonetto:
Santa Pupa è una santa che davero Je peseno, pe cristo, li cojoni; E appett’a lei tanti santi barboni Nun zò, Terresa, da contalli un zero.
Va a dì a li fiji tui che ssino boni! Lo so io co li mii si me dispero, E me spormòno er zanto giorno intiero: Senza de lei Dio sa li cascatoni!
Eppuro, a sta gran zanta, poverella, Je vedi mai una cannela accesa? J’opre gnissuno un bucio de cappella?
Furtuna e dorme: ecco ch’edè, Terresa; E ssan Pietro, che chiede in ciampanella, Ruga, e ttiè er culo in quer boccon de chiesa!
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