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Alvaro Ugolini, “a passionate music lover”, il dj e produttore romano si racconta


Il nostro big di turno è Alvaro Ugolini, romano classe 1954, universitario di architettura a Valle Giulia, con la passione per musica, fotografia, moto e viaggi; DJ della prima generazione in discoteche che hanno fatto la storia e infine discografico di valore internazionale con Dario Raimondi alla guida delle produzioni Energy da oltre 35 anni.

Un giovane architetto che preferì dedicarsi professionalmente alle discoteche prima del loro boom. Raccontaci i primi passi.

L’architettura e il design mi sono sempre piaciuti come anche la musica, che ho iniziato ad amare sin da giovane suonando la chitarra in un piccolo gruppo rock di provincia. Dopodiché iniziai ad appassionarmi alla musica da ballo (all’epoca: Philly Sound, TK Disco e Soul) e mi recavo sempre più spesso nei negozi che importavano le ultime novità direttamente dall’America, specialmente 45 giri e albums, in quanto il formato 12” ancora non era stato ancora inventato. Inoltre avevo abbonamenti a riviste musicali americane come Billboard e Cashbox che mi tenevano informato e aggiornato sugli ultimi trend. La sera amavo andare a ballare ed ascoltare le proposte dei DJs, se non che una volta incontrai Sammy Barbot che mi propose di lavorare al suo Charlie Club. Emozionantissimo accettai immediatamente e partì il mio percorso professionale che mi portò a lavorare in altre discoteche popolari dell’epoca come La Cabala, Number One, Piper, Gil’s, e d’estate in Costa Smeralda a La Tartaruga a Porto Rotondo (attivo fino al 1980) e allo Scorpio di Porto Cervo

Metà degli anni settanta: eri molto attento ai cambiamenti, che atmosfera che si viveva nelle notti romane?

L’atmosfera era molto leggera, frizzante, la gente amava fare tardi ed i disc jockeys (termine antico) iniziavano a sostituire le orchestre e ridurre le performance del piano bar, cominciando a suonare e mixare le nuove proposte musicali dando sempre meno spazio al ballo lento. La gente apprezzò la novità, il ballare senza soste fu molto apprezzato e il divertimento assicurato. Il resto lo facevano gli ottimi cocktail e le belle ragazze.

Cosa e chi ti ispirava nelle tue scelte musicali finché hai lavorato in quei locali dove il pubblico era molto selezionato?

Sicuramente l’ambiente e l’atmosfera che si respirava ogni sera. Inoltre mi sentivo libero nelle scelte musicali proponendo le ultime novità e questo mi faceva sentire al settimo cielo. Il buon impianto tecnico e le luci facevano il resto.

Hai vissuto un paio di stagioni in una mega discoteca come il Piper, nel 1981-1982. Quali erano le differenze e come adeguasti il tuo stile?

Le differenze erano dovute alla maxi affluenza delle persone nella pista e l’età più giovane dei ragazzi (molto propensi al divertimento collettivo). La musica stava cambiando e nuovi generi musicali come la New Wave prendeva piede. Inoltre andavano molto in voga le serate con i pattini (Roller Piper) dove la musica aveva un ”mood” molto più Disco Boogie con ottime melodie (etichette Prelude, Salsoul, Solar, etc..) Ricordo poi, con piacere, che insieme con Dario Raimondi creammo dal nulla (il lunedì sera, ovvero giornata di chiusura del Piper di allora) la serata New Wave e Ska con solo musica super veloce dai 140 bpm in su, che richiedeva grande energia nel ballare per ore e ore, ma risultò dopo due o tre esperimenti, una delle serate più divertenti a Roma per gli amanti del genere e i modaioli. I B 52’s, Devo, Pretenders, Blondie, GoGo’s, Lena Lovich, Generation X, Madness, Specials, etc. facevano da colonna sonora al divertimento.

Il tuo felice connubio con Dario Raimondi come cominciò? Qual è il segreto che permette a due protagonisti di condividere un mixer importante?

Tutto cominciò ai soliti bar dove si faceva colazione dopo le rispettive serate in discoteca. Un caro amico in comune (Fabrizio Della Noce, il mitico Faber) ci fece conoscere e da lì nacque una amicizia che ancora oggi dura. Nessun segreto, forse lo stesso anno di nascita (1954), stessi gusti e il rispetto reciproco.

Inverno a Roma ed estate in Sardegna: in quale locale hai avuto più soddisfazione?

A Roma, sicuramente il Number One che era diventato una seconda casa dove mi sentivo a mio agio con il pubblico molto ricettivo, e il Tartaruga di Porto Rotondo dove lo spirito vacanziero insieme alle celebrities producevano un ottimo mix. Il perché è molto semplice, entrambi mi ispiravano creativamente e avevano una atmosfera magica.

Alla fine dei settanta alcuni dj inventarono le “lacche”. Il tuo primo esperimento su vinile fu il test pressing Chic Megamix. Spiegaci di cosa si trattava e come veniva realizzato.

Era un medley/megamix di tutti i brani degli Chic prodotti sino ad allora da Nile Rogers e Bernard Edwards, assemblati secondo le tonalità musicali e relativi bpm. L’esperimento fu creato a casa mia insieme a Dario Raimondi dopo un mese di tentativi fatti con il “pause” del registratore a cassette e finalizzato in studio di registrazione professionale con i giradischi, missaggi e edits secondo la “bozza” che avevamo fatto su cassetta. Ricordo che lo facemmo stampare a New York e arrivò nei negozi italiani come prodotto import con etichetta anonima senza informazioni e questo creò molta curiosità fra gli addetti ai lavori.

I tuoi colleghi ti prendevano ad esempio per carisma e professionalità, ma hai abbandonato le nottate da dj mentre eri fra i più quotati. Cosa ti motivò?

Intanto grazie a tutti i colleghi per le belle parole. Il motivo fu il desiderio di fare il passo successivo e creare una casa discografica (Energy), dove poter pubblicare le produzioni più vicine al nostro gusto musicale e dare massima libertà al processo creativo insieme a musicisti di talento in tutta Italia.

La italo-disco esplose non a caso mentre ti affermavi come produttore, la vostra prima pubblicazione ufficiale fu Advance “Take Me To The Top”

Tutto nasce dall’incontro con i compositori e musicisti Larry Pignagnoli e Ivana Spagna durante una sera d’estate alla Capannina di Forte dei Marmi. Si instaura subito una stretta collaborazione al fine di poter realizzare e pubblicare brani pop-dance, collaborazione che durerà svariati decenni. Take Me To The Top è il primo demo che viene avviato alla produzione con l’ausilio di arrangiatori e turnisti come Davide Romani e Paolo Gianolio già famosi a livello internazionale per essere stati parte del gruppo Change. A quel punto serviva una cantante di alto livello e dopo varie ricerche e numerosi test, la scelta ricadde su Tracy Ackerman, famosa vocalist degli Shakatak. Accettò e finimmo per registrare il brano al famoso studio Fonoprint di Bologna con l’ingegnere del suono Maurizio Biancani. Il brano ebbe un ottimo riscontro di critica e un buon supporto dalle radio nazionali, fu pubblicato dalla Polydor con licenze in tutto il mondo.

Qual è stato il vostro disco mix che ha ottenuto maggior successo? Descrivici la produzione.

Se parliamo di disco mix 12”, sicuramente I Say Yeah di Secchi ft. Orlando Johnson. Fu prodotto negli studi N.T.M. di Milano con i musicisti Roberto Turatti, Mario Natale e Pierfrancesco Di Stolfo (famosi per l’italo-disco) e Stefano Secchi, popolare DJ di Radio 105. Anche qui, come moltissimi altri casi, dopo avere individuato la base musicale e la melodia, la scelta importante da fare era trovare il cantante di madrelingua giusto e ci affidammo alla voce di Orlando Johnson, fratello di Wess nonché membro del gruppo dei Platters. Il connubio fu vincente tanto che gli affidammo anche il ruolo di cantante nel follow up Keep On Jammin’ e tanti altri prodotti.

Roma in quegli anni sfornò una lunga serie di dischi di successo. Cosa aveva in più delle altre città italiane?

Credo che sia dovuto alla voglia di creare qualcosa di nuovo e allo stesso tempo di esportare il nostro modo di comporre melodie, semplici e divertenti. Ci fu un grande fiorire di studi di registrazione e di musicisti che in partnership con i DJ e direttori artistici crearono cose interessanti con ottimi risultati, anche all’estero. Roma ebbe all’epoca gli studi super professionali con etichette discografiche che rappresentavano il meglio in giro in quel momento.

Poi il pallino salì al nord. Cosa successe?

Sicuramente la zona emiliano-romagnola fu molto fertile per via di vari produttori (non dimentichiamo che i Change erano nell’area bolognese) e altri musicisti locali che divennero sempre più numerosi, così come a Milano, Brescia, Torino e Udine. Inoltre l’influenza delle radio private e DJs di mega discoteche (che l’estate suonavano ad Ibiza e gestivano negozi di dischi d’importazione) hanno contribuito notevolmente alla creazione della italo-disco, ancora oggi molto considerata in tutto il mondo.

Fra quel gruppo di leggendari produttori discografici, voi siete gli unici romani che non hanno mai mollato. Quanto e come vi siete aggiornati per mantenere il successo?

La passione, il lavoro insieme ad un team efficiente e scelte fortunate ci hanno permesso di restare in piedi per oltre 38 anni. La diversificazione di produzioni con la creazione di nuove etichette dedicate a generi diversi ci hanno permesso di tenerci aggiornati. Negli anni ‘90 oltre la prima label X-Energy (pop dance), abbiamo creato la d:vision (house), la Extreme (progressive), Next (techno). Nel 2000 abbiamo creato la Cool d:vision, label adatta ad un genere più chill e lounge, insomma più eclettica e vicina allo spirito balearico tipo Cafe del Mar di Ibiza al tramonto, Ricordo diverse compilation create con il DJ resident di allora Jose Padilla che ancora oggi viene come il guru del chillout/lounge. Molte sono anche le compilation create per le sfilate di moda delle città più importanti (Milano Fashion, Roma Alta Moda, etc.). Inoltre con molto piacere ricordo le produzioni fatte con Mike Francis con lo pseudonimo Mystic Diversions ancora oggi molto ascoltate in streaming nei vari Spotify, Apple Music, etc.

Da dj old school a scopritore di talenti: quali sono i nomi salienti fra quelli che hanno collaborato alle vostre produzioni e chi ritieni di avere scoperto?

Come prodotti rappresentati esclusivamente per il territorio italiano, i nomi vanno da Moby, St Germain, Faithless, Robin S, Martin Solveig, Deep Dish, Bob Sinclar ed ultimamente LP, Mihail e Dotan. Come produzioni proprie, le pubblicazioni più rappresentative sono: Advance, Take Me To The Top; Fun Fun, Happy Station; Yvonne Kay, Rise Up (For My Love) ovvero l’inizio carriera di Ivana Spagna; Sima, Sexitivity; Paradise Orchestra, Satisfy Your Dream; Orlando Johnson, I Say Yeah e Keep On Jammin’; Whigfield, Saturday Night; Ann Lee 2 Times; In-Grid, Tu Es Foutu; Benny Benassi, Satisfaction; Gambafreaks, Down Down Down; Betta Lemme, Bambola. Spero di non dimenticare nessuno… Gran parte di essi sono stati scoperti da noi ed hanno ottenuto dischi d’oro e di platino in vari paesi del mondo.

Ammirato dai colleghi per il tuo ordine, sappiamo che hai una raccolta di vinili straordinaria. Quanti ne hai, come li tieni e a quali sei più affezionato?

Il mio è un disordine organizzato, non sono mai stato ordinato. Saranno circa 5.000 oggi tra 12”, album e 45 giri, più altrettanti in formato cd. Al momento li tengo ancora in scatole di cartone presso i miei genitori in attesa di archiviazione (un giorno lo farò, è diventata la mia ossessione). Quelli a cui sono più affezionato legati al genere dance sono di label come Salsoul, Philadelphia, Avi, RFC, TK, Westbound, ZTT e Island; Poi Motown, Atlantic, Warner, Epic e Columbia per il genere più soul e d’ascolto.

Com’è cambiato il mestiere del disc jockey dagli anni pionieristici ad oggi? Di generazione in generazione, quali sono i nomi che hanno attirato la tua ammirazione?

Gli impianti si sono sempre evoluti a livello di suono e le consolle dei vari DJs e Super Club sono diventante delle vere cabine di regia. Si è passati da 2 giradischi e un piccolo mixer a lettori cd, chiavette usb, laptop, sincronizzatori di bpm e tonalità, crossover e chi più ne ha più ne metta. La tecnica non si ferma mai, ma il punto fermo rimane l’abilità del DJ nello scegliere i brani e creare la magia con la sequenza perfetta. I miei DJ preferiti sono stati Robert Drake, Mozart, Larry Levan, Danny Krivit, Louie Vega, David Morales, Dennis Ferrer, Norman Jay, Ben Watt e Kaytranada per i motivi sopra elencati e perché vicini al mio gusto musicale.

Influencer, TikTok, creatività digitale. Un mito come Moroder diventa dj, ma anche tanti altri personaggi che provengono da mondi diversi si esibiscono con una consolle. Cosa ne pensi?

Tutto il bene possibile, ognuno ha il diritto di esprimersi come meglio crede, inoltre indietro non si torna. I social sono il nuovo modo di fare promozione e indirizzare la musica verso il nuovo (e vecchio) pubblico insieme allo streaming (Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon, Pandora, etc..) e alle radio e tv. Le playlist di oggi sono le compilation di ieri. Moroder ha tutta la mia ammirazione per aver prodotto brani rivoluzionari e ancora oggi suonati e ballati: basti pensare a I Feel Love di Donna Summer. Tra l’altro sono stato a vederlo dal vivo e mi ha trasmesso “buone vibrazioni”.

2021, il dopo virus dove porterà le discoteche e le vostre produzioni?

Speriamo di tornare alle radici con club, discoteche e posti di intrattenimento vari, nel senso di tornare ad apprezzare il sano divertimento e la buona musica oltre che un’attenta gestione professionale. Per quanto riguarda le nuove produzioni, tutto continua come prima, magari con più selezione e qualità nelle scelte. Oggi nei negozi digitali (streaming e non) e con il computer trovi la musica e leggi le riviste musicali. Senza carta stampata e senza supporto fonografico.

Se il 16 febbraio organizzassimo una festa per i tuoi splendidi 65 anni, come la vorresti e dove?

Un piccolo club, con grande pista tutta in parquet e un buon impianto tecnico (suono e luci) con giradischi e gente senza telefonini, insomma old school!. Il luogo molto apprezzato potrebbe essere New York.

Nella hall of fame delle discoteche romane ci sarà anche il tuo spazio: come vorresti essere ricordato?

A passionate music lover!

A proposito, per salutarvi voglio regalarvi alcune playlist. Ecco i link:

  • Super Rare Disco Classics di Alvaro Ugolini

https://open.spotify.com/user/11174543994/playlist/2CTmqgb1ehPrCBg8PoULhk?si=caYcB-V3T-OqUdbhzGFrsw

  • 70’s Dancefloor Culture  di Alvaro Ugolini

https://open.spotify.com/user/11174543994/playlist/5rZo5MVKRKr8xj8AeHpyq7?si=zLIoeFTuQ0mxm2zBSIMHRg

  • Mystic Diversions di Skylar D. Garcia

https://open.spotify.com/playlist/50s93z6bOOqZmNwiZIIpxv?si=3FEh_-L8QJqbDDlMdFuIcw

  • Club Odyssey1 – Los Angeles 1980 di Alvaro Ugolini

https://open.spotify.com/playlist/7ahrm5GGV8EHom3WiSBl6U?si=bD1fG78QR4mppUQ87OJjsA

 

di Faber Cucchetti