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Romanzo d’esordio dello scrittore romano Alberto Moravia, l’opera de Gli indifferenti si presenta ancor oggi come uno dei maggiori capolavori della letteratura italiana dei primi del Novecento. Cosa racconta esattamente? E cosa fece di Moravia uno dei più grandi scrittori italiani?
Il 28 novembre del 1907, in una casa borghese di via Giovanni Sgambati, nel quartiere Pinciano, venne alla luce Alberto Moravia, uno dei più importanti romanzieri italiani del XX secolo. Provenendo da una famiglia piuttosto abbiente, da subito lo scrittore romano ricevette un’eccellente istruzione, almeno finché le sue condizioni fisiche lo permisero. Ad appena 9 anni, infatti, la carriera scolastica di Moravia dovette interrompersi bruscamente, per la scoperta di una grave forma di tubercolosi ossea. Una malattia che lo costrinse a letto per ben cinque anni! E che gli permise sì di iscriversi al liceo Tasso, ma di concludere a fatica gli studi.
(Fonte: biografieonline)
Tuttavia, sebbene la licenza ginnasiale rimase sempre il suo unico titolo studio, la fervida intelligenza e la fame di conoscenza di Moravia si spinsero ben al di là di quel solo “pezzo di carta“, dimostrando quanto l’impossibilità di vivere una vita come gli altri ragazzi, non poteva fermare la sua passione e la sua volontà. Nel tempo trascorso a casa, Moravia dedicò ogni suo sforzo alla lettura, costruendo passo dopo passo la sua solida base letteraria. Una preparazione che spaziava dai classici a Dostoevskij, dagli antichi ai suoi “contemporanei“, come Proust. Imparò persino due lingue: il francese e il tedesco e applicò il suo bagaglio d’informazioni alla stesura delle prime opere in versi, in lingua straniera e in italiano.
Infine, l’esordio oggi (ma 92 anni fa), con la pubblicazione de Gli indifferenti, iniziato a sedici anni e mezzo, nel 1925!
Nello stesso periodo in cui Stato e Chiesa firmavano i celebri Patti Lateranensi, il primo romanzo di Moravia vedeva la luce, al prezzo delle spese di pubblicazione di cinquemila lire (“arzate” dal padre). Un testo che può considerarsi, come ammette la Treccani, il «romanzo capitale nella letteratura italiana del Novecento»: illustrazione puntuale dei cambiamenti e degli stravolgimenti morali dell’epoca. Nelle vesti di una ricca famiglia borghese, Moravia mostra la decadenza spirituale di quella classe sociale, di cui pure faceva parte, sotto il regime fascista. Ne descrive la noia (in tematiche che poi riprenderà ne La noia del 1960), l’impotenza e l’indifferenza, appunto; ne dipinge il dramma sentimentale, intellettuale, l’immobilità: il non poter agire (o il non saper agire?), almeno fino in fondo. In sostanza, ne porta alla luce quella che poteva definirsi, ai suoi occhi, la domanda fondamentale:
«Il problema de “Gli indifferenti” è estremamente complesso e prende spunto da Dostoevskij: nei “Fratelli Karamazov”, Ivan dice: “Dio non esiste, tutto è permesso” […]» – ammette lo stesso Moravia, in alcune sue affermazioni – «mancando un riferimento assoluto, può l’intellettuale agire da un punto di vista politico, sociale e privato? […] Non sono un uomo di azione. Agire, mi piacerebbe, ma preferisco scrivere. Quindi, ho descritto tutto ciò negli Indifferenti»
Nel 1964 il libro divenne così un lungometraggio, diretto dal regista Francesco Maselli. Nei panni dei fratelli, i due protagonisti Carla e Michele, un giovane Tomas Milian e un’affascinante Claudia Cardinale. La pellicola si aggiudicò persino il nastro d’argento alla migliore scenografia. E, indimenticabile, molti ricordano anche la sua fotografia, nelle mani del direttore Gianni Di Venanzo, già noto all’epoca per aver collaborato ad alcuni dei più importanti capolavori italiani (come I soliti ignoti di Mario Monicelli, 1958 o La notte di Michelangelo Antonioni, 1961).
(Fonte: taxidrivers.it)
L’opera cinematografica, nel rispetto del contenuto del libro, della forma e dei caratteri che lo stesso Moravia aveva assegnato ai suoi personaggi, ruotava intorno alla stessa apatia. Un sentimento di corruzione, quasi di inettitudine ai fatti e all’agire, che si estendeva oltre le pagine del romanzo, fuori, e che la gente del tempo respirava, nella risposta e nel consenso che dava alla perdita della propria libertà. Gli indifferenti rappresentano allora non solo uno spicchio, ma uno specchio della nostra storia passata, e nei sentimenti descritti sono, probabilmente, in alcune circostanze, più attuali che mai.
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