Chiude i battenti l'istituzione culinaria di Roma, il cornettaro
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Per i romani ci sono due grandi gioie e felicità nella vita di tutti i giorni, passare il tempo ridendo e scherzando con i propri amici più cari e sempre insieme a loro mangiare bene e bere intorno a un tavolo. Dopo aver parlato dei piatti tipici di strada della tradizione romana, oggi ci mettiamo direttamente a tavola per degustare un po’ di sapori capitolini.
Se ora starete aspettando trepidanti l’ingrediente segreto per far sì che i piatti tipici romaneschi che state pensando di cucinare diventino perfetti, allora forse rimarrete un po’ delusi. Gli elementi principali nella gastronomia romana, che deriva da un tipo di cucina povera, fatta da contadini o allevatori sono la semplicità, pochi ingredienti e tanta pazienza nei tempi di cottura e nella pratica.
Partiamo così da un primo ultraveloce, che non ha bisogno di particolari preparazioni preliminari, né di tanta filosofia culinaria, visto che a Roma, come suol dirsi, è meglio essere pane ar pane, vino ar vino ovvero schietti e diretti. Così se vuoi stupire con della semplicità, qualsiasi tuo ospite con un primo romanesco, niente di meglio che una essenziale cacio e pepe, in cui gli unici ingredienti sono proprio il pecorino, rigorosamente quello romano con la coccia, oops, pardon, buccia nera, e una macinata di pepe nero. Come si prepara? Semplice, cuocete la pasta e una volta scolata, mischiatela all’interno di un’insalatiera con il pecorino e il pepe e il gioco è fatto. Ovviamente come pasta i rigatoni o meglio detti a Roma, maccheroni, sono d’obbligo.
A Roma è vero piace molto mangiare, ma un altro requisito fondamentale per andare d’accordo con la cucina romanesca è non essere per niente schizzinoso. La tradizione romana infatti è piena di piatti che fanno ampio uso di interiora degli animali di allevamento come i bovini o gli ovini. Uno di questi piatti di cui vi vogliamo parlare oggi è la trippa alla romana. Ingredienti principali anche qui sono quattro: le interiora del bovino, più precisamente i tre prestomaci, la passata di pomodoro, la mentuccia e il pecorino. Elemento fondamentale di questo piatto è la freschezza degli ingredienti, in particolar modo della mentuccia che rende il piatto particolarmente fresco e ineguagliabile.
Come del maiale non si butta via niente, così a Roma anche dei bovini si fa altrettanto. In questo caso oltre a recuperare un altro pezzo di scarto di quest’animale, se ne fa anche uno dei piatti forti della cucina romanesca. Questo è anche il momento in cui dovrete armarvi di molta pazienza poiché per preparare questo piatto ci vuole molto tempo. Anche qui, la semplicità la fa da padrona e la coda alla vaccinara non è altro che il modo in cui i “vaccinari” ovvero i macellai che vendevano carne vaccina, di bovino, cucinavano la coda delle mucche. Questo particolare pezzo della mucca dovrà essere cotto molto all’interno del sugo di pomodoro, fino ad ottenere un sugo color rosso rubino e molto denso e una carne morbidissima da sciogliersi in bocca.
Per non far troppo dispetto sempre alla povera mucca, vi proponiamo infine anche una ricetta con carne di abbacchio. No, non preoccupatevi, non è una specie aliena, ma abbacchio è il modo tipico romano di chiamare l’agnellino ancora in età da latte. La coratella, anche qui, non è altro che tutte le interiora dell’animale, che vengono cucinate e saltate in padella, per poi essere accompagnate dai carciofi. La particolarità di questo piatto è che quando lo cucinerete sentirete un fischio provenire dalle vostre padelle, non abbiate paura è una cosa normale, è solo l’aria che fuoriuscendo dai polmoni vi avvisa che la carne è cotta ed è pronta per essere mangiata.
Non resta dunque che augurarvi buon appetito! Mandateci le foto dei vostri piatti e fateci sapere se vi sono piaciuti!
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