EnOrvinio, torna il percorso eno-gastronomico alla scoperta del borgo reatino
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Oggi lo chiamiamo “paninaro” oppure “food truck”, ma ai tempi i romani lo chiamavano “lixae”. Ecco cosa proponeva da mangiare.
È ormai risaputo che la cucina di Roma è attualmente una delle più gustose al mondo, dato che chiunque in ogni angolo del mondo ne elogia la bontà e sogna di assaggiarla almeno una volta nella vita. Tutti rimangono entusiasta dei suoi piatti così ricchi di sapori e di sostanza e in modo particolare delle sue paste.
Addirittura i Reali di Buckingham Palace le considerano alcune delle loro pietanze preferite, soprattutto il Principino George, che sembra nutrire un grande amore per la carbonara. Come non essere d’accordo con lui!
Anche il cibo di strada sembra che sia particolarmente apprezzato nella Capitale. Supplì, trapizzini, fritture di alici e baccalà fanno girare la testa a chiunque, sia dai turisti che dagli stessi romani.
Sono poi talmente veloci da mangiare, che si possono consumare anche stando in piedi e camminando per strada. È per questa ragione infatti che secoli fa questi tipi di cibo sono stati ideati. Per permettere proprio non ha tempo per sedersi a un tavolo e mangiare, di consumare lo stesso qualcosa di buono, seppur molto veloce da finire.
Le origini del cibo di strada sono quindi piuttosto remote, talmente tanto che sembrano risalire ai secoli dell’antica Grecia.
Sembra che in quei tempi i greci abbiano ideato dei piccoli chioschi dai quali poter servire del cibo da consumare in maniera veloce, senza avere neanche la necessità di sedersi a un banco. Questo per far sì che un lavoratore non perdesse troppo tempo a mangiare, ma tornasse il prima possibile al lavoro, dopo aver gustato per l’appunto un pasto molto veloce.
Anche gli antichi romani secoli dopo hanno inserito dei chioschi nelle città e iniziato a servire il loro cibo di strada. Lo chiamavano Lixae e non era così distante dai panini che oggi siamo abituati a consumare.
Ciò che veniva proposto in questi piccoli punti vendita erano solitamente delle frittelle e dei panini, che venivano farciti con le carni e le salsicce.
Sembra che gli abitanti di Pompei impazzissero per i cibi proposti in questi negozi, tanto che secondo le fonti storiche, per la città si trovavano oltre duecento chioschi. Alcuni di questi si possono vedere ancora oggi facendo un giro per gli scavi, in particolare il Termopolio, il bancone che ha resistito meglio allo scorrere del tempo.
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