La Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e la storia della sua confraternita
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La città di Roma ha conquistato negli anni tanti territori facendo al tempo stesso un grande numero di prigionieri, che si dice siano stati tutti rinchiusi in un’unica prigione, il Carcere Mamertino.
Roma è una città davvero grande, nella quale hanno vissuto tantissime persone. Tra queste però vi sono stati anche tanti criminali i quali sono poi stati introdotti nelle carceri, un luogo di attesa che però non risparmia nessuno dalla morte.
In epoca antica infatti, la prigione era una struttura da incubo in cui aspettare un processo che il più delle volte terminava con una pena che consisteva nello strangolamento o decapitazione, ma con tempi di attesa estremamente elevati.
In età repubblicana non c’era un grande distacco di tempo tra sentenza e condanna, ma in epoca imperiale le procedure giudiziarie iniziavano ad essere piuttosto complicate e un periodo di attesa poteva anche durare degli anni.
Le leggende raccontavano che a Roma vi fosse un solo carcere, il Tullianum, voluto da Anco Marzio e detto anche Mamertino. Il fatto però risultava piuttosto impossibile; ogni giorno a Roma venivano svolti tantissimi processi ed era quindi impossibile contenere tutti i prigionieri in una sola struttura.
La storia poi è stata smentita dai ritrovamenti di alcuni documenti di Adriano, che confermavano l’esistenza di altre prigioni a Roma, solo che queste non sono mai state trovate.
Ogni prigione nasceva sotto una basilica, nella quale era svolto il processo. Il Tullianum si trovava infatti al di sotto dell’attuale Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, nel Campidoglio.
Per realizzarlo, sono state utilizzate due miniere in tufo, esistenti già in età antica. Il suo nome prendeva poi spunto dal Tullus, una sorgente la cui acqua filtrava all’interno delle grotte che lo ospitavano.
Questo era diviso in 2 piani o meglio in 2 grotte. Una superiore custodita dai “commentarienses”, una sorta di polizia penitenziaria dell’epoca, nella quale venivano svolte le esecuzioni. Un’altra invece inferiore, che rappresentava la cella vera e propria il cui accesso era consentito solamente attraverso una botola.
C’era infine una scala, che collegava la grotta superiore con l’esterno, ma di questa si sono perse le tracce.
Nel complesso si trattava di un luogo spaventoso in cui spesso i prigionieri morivano prima di essere giustiziati a causa della fame, delle condizioni in cui vivevano e delle torture che gli erano fatte.
I criminali peggiori erano poi i più martoriati. Le guardie volevano che i prigionieri iniziassero a sentire la morte ancora prima di essere uccisi, di conseguenza li sottoponevano continuamente a torture ed umiliazioni pubbliche e private.
Negli anni la terribile struttura ha ospitato diversi volti della storia romana, tutti ritenuti colpevoli di reato contro lo stato e di conseguenza considerati nemici di Roma. Tra questi vi era Giugurta, figlio adottivo del re Numidia. Quest’ultimo aveva lasciato il trono in eredità ai suoi tre figli ma Giugurta voleva esserne l’unico erede. Uccise così uno dei suoi fratelli e in seguito dichiarò guerra al secondo, che però chiese aiuto ai romani. Giugurta venne così catturato e spedito poi nel Tullianum, dove venne pesantemente umiliato, lasciato alla fame ed infine strangolato.
Altri ospiti di questo carcere sono stati poi alcuni seguaci di Catilina, un cospiratore romano. Questi però pare che siano stati condotti alla morte e strangolati senza avere prima alcun processo, per volere di Cicerone, il quale li aveva accusati di congiura. Nessuno però saprà mai la verità.
Sappiamo invece che il carcere Mamertino viene infine nominato come la prigione dei Santi Pietro e Paolo. Pare infatti che San Pietro ai tempi della sua prigionia, abbia battezzato molta gente al suo interno. Tuttavia sembra che questo fatto sia solo una leggenda metropolitana, anche se dentro la prigione è possibile trovare un altare dedicato a San Pietro di epoca medievale.
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