Pippo Franco, l’irriverente showman de “Il Bagaglino”
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Una vita vissuta sempre ai massimi livelli della politica dell’antica repubblica romana, di cui diventò Padre della Patria dopo aver smascherato la Congiura di Catilina; Cicerone oratore e politico di Arpino, località in provincia di Frosinone, sì batté molto per la Repubblica, ma la sua fine fu veramente tragica.
Il nome di Cicerone è da sempre legato a quello dell’antica Repubblica Romana, in uno dei suoi momenti forse di massimo splendore politico e civile. Cicerone visse in un’epoca di forti convulsioni sociali, in cui la grande espansione di quello che sarebbe poi diventato l’Impero Romano sotto il nipote di Giulio Cesare, Ottaviano Augusto, provocava forti tensioni interne e grande fama di ricchezze tra i politici e i generali dell’esercito. Il potere da amministrare infatti diveniva via via sempre più vasto e ampio e nonostante le numerose cariche presenti a Roma, la cupidigia e l’avarizia di alcuni non tenevano assolutamente conto del bene comune della repubblica e del popolo romano. Cicerone inoltre fu a fasi alterne, grande avversario e grande alleato di Giulio Cesare, a volte accusato di voler reprimere la Repubblica, altre salutato come il grande condottiero e generale qual era. Ma la grande battaglia della vita, Cicerone la combatté contro quello che venne additato come un nemico pubblico, un pericolo per la salvezza di Roma e la sua Repubblica: Catilina.
Una delle opere più famose di Cicerone in veste di oratore sono sicuramente le Catilinarie. Questa serie di discorsi tenuti in senato, vanno a scoprire e allo stesso tempo ad accusare un altro senatore, Lucio Sergio Catilina, che candidatosi a console, la massima carica politica romana, per più volte e non riuscendo mai ad essere eletto, voleva prendere il potere per mezzo di una congiura. Catilina, fortemente indebitato per aver sostenuto grandi spese per le campagne elettorali e per aver sostenuto un tenore di vita che non poteva mantenere, con quest’ultimo tentativo voleva tentare di rimettersi in sesto. Grazie a una fitta rete di informatori Cicerone però riuscì a smantellare la congiura e a far dichiarare Catilina nemico pubblico, poco prima che egli, con un esercito radunato a Fiesole, sferrasse un attacco su Roma. La battaglia finale ebbe luogo a Pistoia, nel 62 a. C. con l’esercito repubblicano schierato contro quello di Catilina; l’esito fu abbastanza prevedibile, per come sono andate successivamente le cose, vinse Roma e la Repubblica e a rimetterci furono Catilina e i suoi compagni.
La morte di Cicerone, che oramai all’età di 63 anni si teneva abbastanza lontano dalla vita politica di Roma, pur rimanendone sempre informato sui fatti salienti, avvenne un anno dopo la morte di Giulio Cesare. Proprio all’assassinio da parte di Bruto e degli altri congiurati è collegata l’uccisione del grande oratore ciociaro. Saliti al potere Marco Antonio e Ottaviano, che si sentivano entrambi eredi politici (Ottaviano anche familiare) del grande dittatore romano, cercarono subito di vendicare la morte di Giulio Cesare. Dopo aver inseguito per mare e per terra i congiurati Bruto e Cassio ed averli battuti nell’ottobre del 43 nella famosa battaglia di Filippi, i due condottieri cercarono di portare giustizia anche all’interno della classe dirigente romana. Si riempirono liste di nomi di persone non gradite e venne condotta una vera e propria caccia alle streghe. Tra le persone che risultarono non gradite a Marco Antonio, c’era anche lui, il famoso oratore Marco Tullio Cicerone. Purtroppo le Filippiche, altra opera capitale dell’oratore, che però andavano contro proprio Marco Antonio, gli furono fatali e a nulla gli valse in quel momento il titolo di Padre della Patria di cui si fregiava di essere insignito per aver smantellato la Congiura di Catilina. A Cicerone vennero tagliate testa e mani, che poi vennero esposte in senato come monito per gli oppositori. Ecco il racconto di Plutarco:
«Ed egli, come era solito, toccandosi le guance con la mano sinistra, impassibilmente rivolse lo sguardo ai sicari, ricoperto dal sudore e dalla capigliatura e disfatto nel volto dalle preoccupazioni, tanto che i più si coprirono il volto mentre Erennio lo uccideva. E fu ucciso mentre sporgeva il collo dalla lettiga, quando quello che trascorreva era il suo sessantaquattresimo anno. E, per ordine di Antonio, tagliarono la sua testa e le sue mani, con le quali aveva scritto le Filippiche. Cicerone stesso infatti intitolò Filippiche le orazioni contro Antonio e tuttora sono chiamate Filippiche.»
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