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La basilica di Sant’Eustachio sorge maestosa nel centro di Roma, a due passi dal Pantheon, con una storia davvero curiosa, dalla sua fondazione alle modifiche nel corso del tempo
La Basilica di Sant’Eustachio sorge sopra le rovine delle Terme Neroniane e, come riportato da alcuni documenti risalenti al X e XI secolo, è detta in platana, secondo l’antica tradizione che riferisce di un albero di platano piantato nel giardino della casa del martire Eustachio e in quel luogo l’imperatore Costantino avrebbe eretto un oratorio.
Una leggenda cristiana racconta che la chiesa sarebbe eretta sulla casa del centurione Placido che, andato a caccia sulle colline vicino a Tivoli, sarebbe caduto su un cervo con una croce con l’immagine di Cristo fra le corna con la conseguente redenzione sotto il nome di Eustachio mentre, sotto l’impero di Adriano, fu condannato per avere rifiutato di onorare gli dei e abbandonato ai leoni con la sua famiglia. Gli animali si sarebbero inchinati, Adriano li avrebbe cucinati ma i loro corpi sarebbero stati trovati intatti.
Una prima chiesa risale all’era paleocristiana ma le fonti ci dicono che fu eretta nel VII secolo d.C. ma nel tempo, l’edificio ha subito importanti lavori di trasformazione. Nel 1195-1196, fu completamente ricostruito e ingrandito, con l’aggiunta del campanile romanico. Nel Medioevo, molte confraternite elessero Sant’Eustachio come patrono e avevano le loro cappelle all’interno della chiesa e divenne un centro per aiutare i più poveri.
Tra il XVII e il XVIII secolo, a causa delle piene del Tevere e dell’eccessiva umidità, furono demolite dall’architetto Cesare Corvara le strutture medievali, tranne il campanile che è visibile ancora oggi, e la basilica fu ricostruita nella definitiva forma settecentesca. La facciata barocca è composta da due ordini. Sotto, i quattro pilastri e le due colonne hanno capitelli decorati con teste di cervo che rimandano alla leggenda di Placido così come la presenza nel timpano triangolare superiore di un un occhio incoronato circondato da rami di palma sormontato da una testa di cervo con una croce tra le corna, è opera di Paolo Morelli.
L’interno della basilica, opera di Cesare Corvara e Antonio Canevari, è a una sola navata e ha tre cappelle per lato, decorate da tele settecentesche. In controfacciata, spiccano la vetrata raffigurante la Maddalena penitente, realizzata nell’ultimo decennio dell’800 da Gabriel e Louis Gesta di Tolosa, e il maestoso organo settecentesco.
L’altare maggiore, ricco di marmi policromi e di bronzi, è di Nicola Salvi (1739) ed è sormontato da un baldacchino a opera di Ferdinando Fuga. La tela dell’altare è di Francesco Ferdinandi e raffigura il Martirio del santo, mentre la mensa, su un’urna di porfido rosso, ne contiene le reliquie.
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