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L’avete festeggiata la notte di San Giovanni? Sapete come nasce e per quali motivi? O fate parte di quelli che pensano siano tutte dicerie?
C’è come un’aura di mistero intorno alla notte tra il 23 e il 24 giugno. Ormai tradizione popolare, infatti, molte sono le persone che amano festeggiare la notte di San Giovanni, conviti sia la notte più fortunata dell’anno e possegga capacità purificatrici, protettrici e curative. Ma come nasce quest’usanza e di cosa si tratta?
Ci crediate o meno, l’abbiate celebrata stanotte o meno, queste particolari ore buie tra un giorno e l’altro assunsero importanza già in tempi non sospetti, probabilmente presso alcune popolazioni più rurali. Il motivo principale era che, con l’avvento dell’estate e del caldo, era piuttosto facile l’eventualità di un raccolto rovinato. I campi potevano subire periodi di siccità e secca, per questo motivo bisognava proteggersi, e farlo mediante precisi rituali folcloristici, coi quali insomma ci si preparava all’imprevisto, al peggio, alla sfortuna. L’evento prese, poi, nel corso del tempo tanti nomi diversi, non ultimo quello di “notte delle streghe“. In particolare, a Roma la notte di San Giovanni cominciò a diventare una delle celebrazioni più sentite, prima, in maniera “pagana”, soltanto per via del suo potere propiziatorio; poi, per via del suo valore religioso, dunque per onorare il Santo di cui portava il nome.
(Fonte: Roma Sparita)
Ogni anno, per l’occasione intere folle di romani si riunivano a San Giovanni in Laterano, protettore dalla cattiva sorte. Secondo il folclore, la festa era addirittura divisa in due step: prima la vigilia e poi i festeggiamenti veri e propri. Ed era proprio la vigilia ad essere associata alle streghe che, pare, poco dopo il solstizio d’estate, sorvolavano la città per recarsi alla sabba annuale, solitamente presso Benevento (perciò il noto liquore beneventano, La Strega). In altre parole, un convegno alla presenza del diavolo, durante il quale si sarebbero svolti incantesimi, riti blasfemi e pratiche magiche di ogni tipo.
Per questo, durante la serata di preparazione, i romani amavano riunirsi con enormi banchetti, al suono di trombe e campanacci: il rumore avrebbe spaventato queste mitiche presenze a cavallo di vecchie scope; l’avrebbe cacciate via, prima di raccogliere le loro erbe e per farne pozioni pericolose.
Si arrivava, quindi, alla notte di San Giovanni e ai festeggiamenti, tra falò, giochi col fuoco, leccornie e baldoria. Tutti portavano qualcosa, chi un “callaro” ripieno di qualcosa, chi del pane per fare la scarpetta e via dicendo. Infine, c’era chi si preparava a realizzare il nocino: una bevanda alcolica realizzata con le noci ancora acerbe, raccolte da donne a piedi scalzi, come usanza voleva, e messe a macerare fino al 31 ottobre, giorno della dea Pomona, divinità dei frutti e dei semi.
(Fonte: Oggi Roma)
La festa si concludeva, poi, con lo sparo del cannone da Castel Sant’Angelo, che avrebbe dato avvio avvio alla celebrazione religiosa del santo, San Giovanni Battista, all’interno della Basilica che porta il suo nome. I romani avrebbero gettato monete d’oro e d’argento, nella loggia, per ingraziarsi le attenzioni del santo e della fortuna; e qualcuno, infine, avrebbe fatto il primo bagno della stagione, tra le acque del Tevere.
L’acqua era, infatti, un elemento importante durante la particolare notte. Tuttora, c’è chi riempie delle bacinelle prima della mezzanotte; vi ci getta dentro odori, fiori e spezie e al risveglio vi si bagna. Il miscuglio sarebbe, a tutti gli effetti, un elisir prodigioso in grado di donare particolari virtù.
Oggi, quest’appuntamento, protratto – pensate un po’ – fino al ‘900 si sta, però, via via perdendo. Soprattutto, sta affievolendo nel tempo la sua importanza originaria, sebbene in qualche famiglia sopravviva e qualche associazione, negli ultimi anni, abbia cominciato ad organizzare piccole manifestazioni o festicciole, per continuare a tramandarla.
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