Quello del 64 d.C è passato alla storia come il grande incendio di Roma, ma quali furono gli incendi più disastrosi della capitale? E soprattutto quali soluzioni furono prese dagli imperatori per arginare questi episodi?
Il grande incendio di Roma
64 d.C, Roma non ha ancora raggiunto il suo massimo sviluppo economico, ma nel suo splendore può già considerarsi una delle più importanti metropoli del mondo antico. A governare, da quasi dieci anni è l’imperatore Nerone e, sebbene venga considerato da alcuni storici (soprattutto i suoi biografi Tacito e Svetonio) un odioso e dispotico tiranno, ha ormai conquistato il popolo a suon di elargizioni e favori. Tra le sue opere, utili ad accaparrarsi le simpatie dei cittadini, non ultime la costruzione di un circo, nei pressi dell’attuale Piazza San Pietro, e l’istituzione di tantissimi giochi. E, tuttavia, Roma sta per essere colpita da l’evento più disastroso di sempre.
(Fonte: Antincendio Italia)
Nella notte tra il 18 e il 19 luglio scoppierà nell’Urbe quello che passerà alla storia come il più grande incendio di Roma. Le fiamme si propagheranno così velocemente da interessare l’intero territorio della città, in particolare la zona del Campo Marzio. Delle quattordici Regiones, in cui è organizzata, soltanto quattro ne resteranno intatte: tre saranno rase al suolo e delle restanti sette non resteranno che mucchi di macerie. Saranno i nove giorni più lunghi e difficili della capitale, e la colpa, almeno attenendoci alle fonti antiche, verrà attribuita proprio a Nerone.
Le conseguenze delle fiamme del 64 d.C.
Al di là della sua predisposizione caratteriale, tutt’altro che pacifica, molti personaggi dell’epoca vedranno in lui, e in questa distruzione, due solidi moventi: fare spazio alla costruzione della sua futura Domus Area; e voler essere tramandato ai postumi come l’imperatore che compì il più radicale cambiamento nell’assetto urbanistico, della città.
Eppure, a dispetto delle ipotesi, una delle più grandi e celebri conseguenze, di quest’incendio, fu l’accusa imperiale lanciata ai cristiani. Un ulteriore pretesto a quelle atroci persecuzioni, e condanne a morte, che cominciarono in seguito, delle quali resta traccia nei sepolcri della Necropoli romana sottostante la Basilica di San Pietro in Vaticano.
(Fonte: Wikipedia)
Roma, città focosa
Ciò che pochi di voi sapranno, però, è la quantità di altri incendi che interessarono la città. Quello neroniano non fu infatti l’unico “caso infuocato” della storia di Roma. Tra i maggiori, vi furono anche: l’incendio appiccato dai Galli, a seguito della presa della città nel 390 a.C; quello della zona del Foro Boario, lungo la sponda sinistra del Tevere, e del Foro Olitorio, nel 213 a.C; l’incendio del Foro repubblicano nel 14 d.C, sotto Augusto; quello del Celio, sotto Tiberio, nel 27 d.C; quello sul Campidoglio, causato dai combattimenti di Vespasiano e di Vitellio, nel 69 d.C; ma anche quello di Tito, nell’80 d.C; l’incendio sotto Commodo nel 190 d.C. che, distruggendo parte della città, permise all’imperatore di rifondarla col nome di Colonia Commodiana; e, infine, quello del 283 d.C. che vide il danneggiamento del Foro Romano, sotto l’imperatore Carino.
Le soluzioni di Augusto
Tutt’altro che rari, quindi, molti furono gli incendi di Roma, dolosi o meno. Tanto che, all’ennesimo episodio, quello del 6 d.C, fu l’imperatore Augusto a prendere in mano la situazione, cercando soluzioni utili a risolvere il problema. Probabilmente a seguito di questo accaduto, egli avviò la formazione e l’organizzazione del primo servizio di vigiles della storia. Con a capo un praefectus vigilum, nacquero così, a Roma, gli antenati dei nostri odierni vigili del fuoco. Come se non bastasse, poi, più tardi gli affiancò la costruzione di un alto muro tagliafuoco, efficace a prevenire la diffusione delle fiamme, nella zona tra la Suburra e l’area dei Fori imperiali (dove si trovavano, tra l’altro, gli edifici della pubblica amministrazione).
(Fonte: Beni Culturali Online)
Dalle attività di prevenzione e contenimento, inoltre, non furono esclusi neanche i cittadini. Ogni famiglia romana, infatti, aveva l’obbligo di munire la proprie abitazione di una conserva d’acqua, da utilizzare, in caso di necessità, per eventuali azioni di spegnimento. Insomma, è vero: dopo di lui ci furono comunque altri incendi, ma quanto furono ingegnose le sue decisioni? Tanto quanto – ed ora è proprio il caso di dirlo – l’eternità della nostra città!
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