Inondazioni del Tevere, quando Roma diventava come Venezia
6 Febbraio 2021
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L’ultima grande inondazione der biondo a Roma è avvenuta nel 1937, nonostante la grande opera ingegneristica dei muraglioni fosse già terminata. Ma la storia delle alluvioni da parte del Tevere è ancestrale, risale alla notte dei tempi e senza quella probabilmente Romolo e Remo non avrebbero fondato Roma…
Inondazioni del Tevere, croce e delizia della Capitale
Ad oggi fortunatamente, le acque del Tevere, difficilmente riescono a superare i grandi muraglioni costruiti dopo una delle grandi alluvione dell’800. L’allargamento del letto del fiume e i 12 metri di altezza delle sponde costruite dal 1875 al 1926, infatti impediscono al fiume di tornare a unirsi, come ha fatto per secoli, al terreno della città. Questo evita numerosi danni alla Capitale, che ha così sconfitto una delle sue più grandi piaghe. Ma per capire il grande legame che lega le alluvioni del Tevere alla città di Roma, basta pensare che proprio grazie a una grande alluvione che la cesta di Romolo e Remo si incastrò nell’ansa vicina all’Isola Tiberina e infatti se notiamo la pendenza di quella zona di Roma, notiamo che il terreno da Circo Massimo verso il Tevere è molto in pendenza. Li infatti si stagliava, prima della costruzione dei muraglioni, anche il porto fluviale di Ripetta, grande scalo per i commerci romani, basti pensare che proprio lì vicino, nel ghetto ebraico, c’è il Portico d’Ottavia, antico mercato del pesce, dove si faceva spesa per il cottìo. La costruzione degli argini fu un grande progresso per il benessere della città di Roma, ma come ci ricorda Giggi Zanazzo nel suo componimento Li bbagni de Donn’Olimpia, fu anche il momento in cui si distrussero molte antiche abitazioni Roma o anche i mulini che erano presenti sulle rive.
Se chiamava accusì un ber palazzo cor un ber giardino, cor commido de potè’ ffa’ li bbagni a ffiume, che Donna Olimpia Panfili ciaveva in Trestevere, vicino a Ssanta Maria in Cappella, che adesso co’ la cosa che ccianno frabbicato li murajoni der Tevere, nun asiste ppiù. Donna Olimpia ciannava guasi sempre a ddiverticcese e a ffa’ li bbagni. Tant’è vvero che a mmezzanotte in punto, incora adesso, se sente la carozza de Donna Olimpia traversà’ pponte Sisto, per annassene ar su’ palazzo.
Se giriamo per Roma oggi e alziamo gli occhi al cielo, potremmo incappare ogni tanto in una targa commemorativa di qualche alluvione, tipicamente ritratte con una mano con l’indice puntato a far vedere fino a che punto arrivò l’acqua, con la famosa frase Huc Tiber ascendit, il Tevere è salito fin qui.
Il grande secolo delle alluvioni
Le alluvioni del Tevere a Roma ci sono sempre state, come abbiamo detto, fin dall’epoca di Romolo e Remo, continuando per tutta l’epoca repubblicana (per un totale di 23 inondazioni dal 414 a.C al 44 a.C) e imperiale (6 dal 27 a. C. al 12 d.C.). Ma il periodo più brutto per Roma da questo punto di vista, fu sicuramente il ‘500. In questi cento anni infatti si verificarono 7 piene devastanti, come quelle del 1530 e del 1557, con la profondità del fiume che arrivò a sfiorare i 19 metri, causando 3000 morti. un delle complicanze di questo fenomeno erano i numerosi mulini sul Tevere, che a causa della forza delle acque, si staccavano dagli ormeggi e andavano a chiudere gli archi dei ponti, agendo come dei tappi e peggiorando la situazione. Queste inondazioni producevano i danni maggiori ovviamente lì dove Roma è più bassa; uno dei primi punti ad andare sott’acqua infatti era il ghetto ebraico, con il livello del fiume che arrivava a sommergere fino a tre piani di case. Un altro punto molto basso e che tendeva ad allagarsi facilmente era la piazza del Pantheon, ricordata sommersa anche in molte cronache del 1600.
Quando Roma diventava Venezia
Così Roma si trasformava in Venezia e per alcuni giorni, vito che le strade erano impraticabili per la presenza dell’acqua, chi poteva, chi ce l’aveva, metteva in acqua la propria barchetta e così si muoveva all’interno di una città, che per alcuni giorni cambiava completamente volto, potendo essere guardata da un’altra prospettiva. Come successe anche all’autore di questa poesia Crescenzo del Monte, che nei giorni dell’inondazione cercava un testimone per la circoncisione del proprio figlioletto.
L’ALLUVIONE
Me pare mo quanno nascé Ruènne, lo figlio – che li morze – de Richetta, che c’era fiume ‘ngkètte: e lo viabbènne me venne a fa’ commare co’ ‘a barchetta.
Fu l’anno de la mola: e me convenne, p’ i’ a la milà, passà’ da gnora Betta e pe’ un ponte sboccà’ ‘n casa Coènne, ch’abbitaven’ allora a la Piazzetta.
…La mola? Fu una notte de teróre! La fiumana ‘a strappò in men d’un minuto e bùuum…! ì a sbàtte a ponte! àah! chi gelore!
E tre òmmeni che c’ereno serati chi terore a sentilli: aiùuto…! aiùuto…! fintanto che non fureno salvati.
L’ALLUVIONE
Mi sembra oggi quando nacque Ruben, il figlio – che poi morì – di Enrichetta, che c’era l’alluvione in ghetto: e il padre del neonato venne a chiedermi per comare 1 con la barchetta.
Fu l’anno della mola: e mi convenne, per andare alla circoncisione, passare dalla signora Elisabetta e per un ponte 2 sbucare in casa Cohen, che allora abitavano nella Piazzetta. 3
…La mola? Fu una notte di terrore! La corrente la strappò in meno di un minuto e buuum…! Andò a sbattere contro il ponte! 4 Ah! Che paura!
E tre uomini che vi erano chiusi dentro, 5 Che terrore a sentirli: aiuuto…! aiuuto…! fintanto che non furono salvati.
Qui di seguito riportiamo l’elenco delle inondazioni avvenute a Roma dal Medioevo:
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