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Castel Sant’Angelo, il ponte del Bernini e il Tevere lì sotto: questo il luogo protagonista, per molti anni, di uno degli eventi più suggestivi della Capitale: la girandola. Ne sapete qualcosa?
Situato in una delle posizioni più suggestive della Capitale, con vista sul cupolone e sul Lungotevere, Castel Sant’angelo è uno dei monumenti più frequentati, fotografati e invidiati di Roma. Sebbene il nome, però, non fu affatto ideato come castello: all’origine, si trattava, infatti, del sepolcro di uno dei maggiori imperatori di Roma, Adriano, e della sua dinastia di “imperatori adottivi”. Il suo utilizzo cambiò solo durante il Medioevo, periodo in cui subì numerose modifiche: da fortezza difensiva, venne impiegato come prigione; poi, fu ceduto alla famiglia Orsini e, infine, passò nelle mani dello Stato Pontificio, divenendo rifugio papale, per eccellenza. Di qui, diretta conseguenza, fu la costruzione del celebre Passetto di Borgo, la segreta galleria sotterranea volta al collegamento definitivo di Castel Sant’Angelo col Vaticano, ad opera di Papa Niccolò III. Il passaggio non solo garantì la fuga dei papi in caso di pericolo, ma legò indissolubilmente la storia dell’enorme bastione allo Stato della Chiesa. Per questo, durante i festeggiamenti dei patroni di Roma, San Pietro e Paolo, ogni 29 Giugno, il luogo s’accendeva di luci e spettacoli pirotecnici.
Il poeta romanesco Gioacchino Belli la chiamava la girandola, descrivendone così la mirabolante scenografia:
«Ce fussi a la ggirànnola jjerzera?
Ma eh? cche ffuntanoni! eh? cche scappate!
Quante bbattajjerie! che ccannonate!
Cristo, er monno de razzi che nun c’era!
E la vedessi quela lusce nera
C’ussciva da le fiamme illuminate?
Nun paréveno furie scatenate
Che vvienissin’a ffà nnas’e pprimiera?
E ll’Angelo che stava in de l’interno
De quer fume co ttutto er zu’ palosso,
Nun pareva un demonio de l’inferno?
E ‘r foco bbianco? e ‘r foco verde? e ‘r rosso?
Disce che inzino a cquelli der Governo
Je parze avé sti tre ccolori addosso!»
(1834, Gioacchino Belli)
Encomio simbolico alla grandezza di Roma e dell’Italia, quegli straordinari fuochi d’artificio sparati sopra Castel Sant’Angelo richiamavano spettatori da tutta Europa, di ogni ceto e posizione sociale, indici di uno sfarzo e di una potenza di cui solo la città eterna poteva farsi portavoce. Così, introdotta nella seconda metà del 1400, la girandola, risultato di oltre 5000 razzi, su disegno di Michelangelo Buonarroti, cominciò a decorare quell’antica struttura, e per almeno quattro secoli!
Sebbene l’antica tradizione legata al monumento sia ormai estinta, da alcuni appunti pirotecnici, giunti sino a noi, possiamo dedurre dovesse trattarsi di un allestimento davvero sorprendente. Esito di complicate alchimie su materiali naturali, i giochi di fuoco, apparivano agli spettatori come vere e proprie opere d’arte! Lo stesso Michelangelo si impegnò affinché l’attenzione si spostasse dal rumore dei colpi ai colori, riponendo, proprio nelle scelte cromatiche, il segreto e la fortuna di quell’evento. I “Flumina Lucis” (fiumi di luce), come amava definirli il Bernini, non dovevano essere più di ottanta: solo così l’occhio umano poteva coglierne le sfumature, senza confonderne i colori. Insomma, fenomeno calibrato in ogni dettaglio, la girandola era tutto fuorché un fatto improvvisato, prevedendo, al contrario, ricerche, analisi e studi, per una sua perfetta realizzazione. Perciò, il finale lasciava di stucco: la celebre fontana di chiusura riusciva ad abbracciare interamente Castel Sant’Angelo, incantando il pubblico con una pioggia di scintille luminose!
L’usanza della girandola, andata perduta nel tempo, venne vietata a fine ottocento, ritenendo lo spettacolo troppo pericoloso. Tuttavia, dopo più di un secolo di inattività, si ripetè nel 2006 sul Colle Vaticano, in occasione dei 500 anni di attività della Guardia Svizzera; nel 2008, fu ripristinata sull’antica sede e, nel 2016, di nuovo spostata, si eseguì sulla Terrazza del Pincio, sopra Piazza del Popolo. Chi di voi lo ricorda?
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