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Tutti conoscono i gemelli di Roma, Romolo e Remo, ma la fontane gemelle di Piazza San Pietro?
Piazza San Pietro, la meraviglia del Vaticano, la cupola, il colonnato del Bernini, la Basilica, le 140 statue dei santi, le architetture e le illusioni; Piazza San Pietro, la pietra preziosa della Città del Papa, lo stato nello stato: è qui che si trovano, da almeno quattro secoli, due fontane identiche, comunemente conosciute col nome di “fontane gemelle” e collocate sull’asse maggiore della piazza ellittica, in direzione del celebre obelisco egiziano. Ma voi la conoscete la storia de “l’acqua alle funi“? Quando l’obelisco venne spostato al centro della Piazza, intorno alla fine del ‘500, per sistemarlo vennero utilizzate delle funi di canapa. Col peso, però, queste corde tese cominciarono a surriscaldarsi. Di lì, la soluzione, divenuta detto,”dare acqua alle corde!”: affermazione, ancor oggi usata per definire la risoluzione coraggiosa ad un problema piuttosto ostico. Certo, a Roma non era molto difficile recuperare dell’acqua, se non altro per la presenza del Tevere, tuttavia, oltre il fiume, nella Piazza di fama mondiale esisteva una fontana già da fine ‘400.
Antistante la Basilica, in posizione decentrata, e restaurata con l’aiuto del Bramante ad inizio ‘500, nel luogo c’era, infatti, una fontana, alimentata grazie alle sorgenti del colle Vaticano e del Gianicolo.
Per questo, quando cominciò a farsi largo l’idea di costruire un’imponente piazza (l’attuale Piazza San Pietro), che fosse rappresentativa e monumentale, il Moderno, già impegnato a rivedere la facciata della Basilica, decise di dare nuova vita anche alla preesistente fontana. D’altra parte, il recente ripristino dell’antico acquedotto di Traiano (progetto dell’Acqua Paola), che garantiva una maggiore quantità d’acqua, permetteva la realizzazione di una fonte più sfarzosa rispetto alla precedente, seppur nella stessa posizione. Tutto sembrava filare liscio, insomma, ma fin lì: in realtà, un altro problema, dopo il salvataggio grandioso dell’obelisco, stava per apparire all’orizzonte. Qualche anno più tardi, infatti, commissionato Bernini nell’opera di edificazione della Piazza, si avviarono i lavori per il suo straordinario colonnato: proprio in questo preciso momento si impose la necessità di trovare un’altra ingegnosa soluzione.
Mentre venivano realizzate le maestose colonne, destinate a dare unitarietà armonica all’architettura dell’intero complesso piazza-basilica, si fece evidente come quell’unica fontana, decentrata rispetto alla piazza e al colonnato, rappresentava un elemento di disordine rispetto all’intera simmetria delle strutture. Come fare? Se non poteva essere spostata in mezzo alla Piazza, perché lì era presente l’obelisco, dove altro poteva essere collocata? Così sorse l’idea di metterla in un lato, in linea col centro, ma soprattutto sorse l’esigenza di costruirne un’altra identica. Soltanto la formazione di una nuova fontana “gemella” in travertino, poteva restituire perfezione alla piazza. “Bene” – direte voi – “adesso il caso è chiuso” – e invece no! Perché, sebbene identiche nell’aspetto, non si poteva dire lo stesso della loro pressione idrica. Il progetto dell’Acqua Paola, che dal lago di Bracciano (non quello di Piazza Navona!) portava acqua a l’acquedotto di Traiano, aveva bisogno di essere potenziato. Per questo motivo entrò in scena il proprietario del lago (ebbene si, il lago di Bracciano era di proprietà degli Orsini) che, vendendo a caro prezzo al Papa l’aumento idrico, permise la stessa portata d’acqua alle due fontane. Il getto, da allora fino a metà del XX secolo, fu strepitoso: zampilli di 8 metri, alti come le stesse fontane!
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