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Sant’Ivo alla Sapienza è uno dei capolavori dell’architetto Borromini e del Barocco, concepita per essere un faro per i fedeli e realizzata con maestria nonostante il poco spazio disponibile nel perimetro
Sant’Ivo alla Sapienza è una chiesa romana situata nel rione di Sant’Eustachio, realizzata tra il 1642 e il 1660 dall’architetto Francesco Borromini, incarico da Papa Urbano VIII Barberini. Si erge all’interno del piccolo cortile del Palazzo della Sapienza, antica Università di Roma dal XV secolo fino al 1935, quando divenne sede dell’Archivio di Stato. Il plesso è ritenuto uno dei capolavori non solo di Borromini ma del Barocco e della storia dell’architettura in generale.
Il palazzo e il cortile erano preesistenti alla costruzione della chiesa e questo rese ancora più complicata la progettazione e la realizzazione di quest’ultima, lasciando un perimetro quadrangolare limitato per costruirla. Sulla base di queste imposizioni spaziali, Borromini mette in pratica l’idea di trarre spunto da forme simboliche ma con una pianta centralizzata sulla quale si innesta una stella a sei punte.
A coronamento della chiesa, infine, è posta una lanterna a spirale che rimanda al Faro di Alessandria, come se la chiesa dovesse fungere da faro per i fedeli tanto che sul culmine troviamo una corona fiammata, su cui sono poste una sfera, una croce e una colomba con il ramoscello d’ulivo nel becco, realizzate in ferro battuto e che indicano il fuoco che illumina il percorso dei cristiani.
La Santa Trinità, simboleggiata dal triangolo, si combina con parti di un cerchio concavo e forma la figura stilizzata di tre api che a sua volta rappresentano l’idea di carità e laboriosità, oltre ad essere l’elemento araldico presente nello stemma della famiglia Barberini.
L’altare maggiore è occupato da una grande pala raffigurante Sant’Ivo, patrono degli avvocati, dipinta da Pietro da Cortona mentre il pavimento, disegnato dal Borromini, ha un articolato disegno a intarsi marmorei bianchi e neri.
Borromini realizzò un interno omogeneo e continuo, ritmato da una sequenza di pilastri giganti che mettono in risalto i sei angoli dell’esagono.
Suggestivo è l’effetto prodotto dalla luce che, entrando dalla lanterna della cupola e dalle finestre, si riflette sui muri bianchi e comunica la sensazione di intensa spiritualità.
Ad anticipare tendenze del successivo Rococò è la costruzione della cupola che sembra espandersi e contrarsi al tempo stesso, con una prosecuzione verticale della pianta che si sviluppa senza alcuna interruzione fino alla cupola stessa.
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