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A Roma tutto è curioso e c’è pure chi je piace fasse l’affari suoi.. “La buca dello spione”…Perché questo nome? E qual era lo scopo originario di un simile messaggio scolpito sulle mura di una chiesa? Scopriamolo nell’articolo!
Questa perentoria iscrizione è visibile a chiunque passi in piazza delle Coppelle, nel rione Sant’Eustachio, avvicinandosi al muro esterno della chiesa di San Salvatore delle Coppelle, che dà il suo nome alla piazza. La targa in marmo, ancora perfettamente leggibile, è soprannominata sin dalla sua apparizione, quando venne affissa, da come si può leggere, nel 1750, la “buca degli spioni”. Perché questo nome? E qual era lo scopo originario di un simile messaggio scolpito sulle mura di una chiesa? Scopriamolo nell’articolo!
No, malgrado il nomignolo canzonatorio possa farlo pensare, non c’è alcun legame con il voyeurismo. La buca, infatti, non è una serratura aperta con la quale spiare all’interno di un ambiente privato: la fessura che sormonta l’iscrizione ricopriva la funzione di una vera e propria buca per le lettere. O, meglio, questa era il compito al quale avrebbe dovuto assolvere secondo l’idea di chi ne ordinò la realizzazione mediante un editto del vicariato. Per fare chiarezza, dobbiamo prima calarci nel contesto storico: è il 1750, anno del Giubileo, occasione in cui l’indulgenza plenaria viene concessa dalla Chiesa Cattolica a tutti i credenti e istituita per la prima volta nel 1300 dal papa Bonifacio VIII. A partire dal 1400, tale indulgenza viene concessa ogni venticinque anni, ma esiste la possibilità di indire e celebrare un giubileo straordinario quando sopravvengano circostanze eccezionali.
«ANNO IUBILEI MDCCL
QUI DEVONO METTERE I VIGLIETTI
TUTTI GLI OSTI ALBERGATORI
LOCANDIERI ED ALTRI PER DARE
NOTIZIA DE FORESTIERI CHE SI
INFERMANO NELLE LORO CASE
ALLA VENERAB CONFRAT DELLA
DIVINA PERSEVERANZA CON
AUTORITA APOSTOLICA ERETTA
A TENORE DELL’ULTIMO EDITTO
DELL’Emo VICARIO EMANATO IL
DI XVII DECEMBRE MDCCXLIX»
In occasione del Giubileo universale dell’anno 1750 (il diciottesimo), che fu indetto con la bolla Peregrinantes a Domino emanata il 5 maggio 1749, Papa Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini, volle fare le cose in grande. Già nel febbraio del 1749 cominciarono i lavori di risistemazione, organizzazione di servizi per l’accoglienza dei pellegrini e restauro dei luoghi di culto: quasi tutte le chiese di Roma subirono ingenti lavori di manutenzione.
Per la prima volta, la cupola e il colonnato di San Pietro si accesero della luce di migliaia di fiaccole, e al centro dell’anfiteatro Flavio, il Colosseo, vennero fatte erigere le quattordici edicole per l’esecuzione della Via Crucis e una croce. La spettacolarità e l’unicità dell’evento sacro richiamarono a Roma un afflusso di pellegrini stimato come superiore al milione di presenze.
In questo contesto di eccitazione e grande affollamento, le autorità preposte alla sorveglianza e alla sicurezza dei cittadini si trovarono di fronte un compito ingrato e complicato. Per questo, si deciso di imporre, tramite un editto, una sorta di censimento dei visitatori. Quasi una regolamentazione del turismo, se vogliamo porla in termini moderni. La cassetta marmorea in piazza delle Coppelle riporta le istruzioni da seguire: ad osti, albergatori e locandieri veniva richiesto di compilare una lista con i nomi dei propri ospiti, e di riportarla su un foglio di carta da imbucare nella fessura nel muro. Teoricamente, la segnalazione era da farsi a scopo benefico: si caldeggiava, infatti, di indicare nome e provenienza dei forestieri infermi o in difficoltà, così da consentire all’Arciconfraternita del S.S. Sacramento della Divina Perseveranza di soccorrerli e accudirli. Il popolo romano, infastidito dalla severità delle pene previste per chi non avesse eseguito l’ordine, si convinse presto che, in realtà, più che a fin di bene, la cassetta in marmo servisse a favorire operazioni di polizia e di controllo. Ed è così che la buca divenne nota come la Buca dello Spione.
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