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Roma è ricca di curiosità artistiche nascoste tra i suoi monumenti più celebri: una di queste è indubbiamente la cupola piatta di una della chiesa di Sant’Ignazio.
La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio che dà il nome alla piazza sulla quale affaccia, sorge a Roma nei pressi del Collegio Romano. Già il luogo in cui è posta l’imponente facciata di travertino dell’edificio sacro costituisce un unicum assolutamente imperdibile: la piazza di Sant’Ignazio è essa stessa un’opera d’arte, testimonianza del periodo Rococò. L’architetto Filippo Raguzzini, che la progettò e realizzò intorno al 1727-1728, conferì alla pianta della piazza un originalissimo schema compositivo, in grado di stupire ancora oggi turisti e passanti. L’unità compositiva deriva infatti dall’accostamento di tre ovali, ottenuti contrapponendo all’imponente ingresso della chiesa tre edifici a pianta triangolare e dall’ancora più insolita facciata concava. Inoltre, i giochi prospettici cominciano già prima di entrare: la disposizione dei palazzi impedisce volutamente che si possa avere una veduta integrale della chiesa, che risulta visibile solo in modo frammentato dai vari scorci dei viottoli che dipartono dal centro della piazza.
Il particolare impianto scenografico degli edifici settecenteschi che circondano la chiesa introduce ai numerosi giochi prospettici e di illusione visiva racchiusi nel piccolo gioiello realizzato tra il 1626 e il 1685. I lavori iniziarono per ampliare la struttura del Collegio Romano, all’epoca diretto dai padri Gesuiti e voluto dal fondatore della Compagnia del Gesù, Ignazio di Loyola, appunto, per istruire i giovani membri dell’ordine. Il Collegio Romano non era più in grado di ospitare gli oltre duemila studenti, malgrado fosse un complesso di aule, cappelle, laboratori, refettori, cucine, stalle e biblioteche, arricchito addirittura dall’osservatorio astronomico di Athanasius Kircher. Tra i progetti per la costruzione di una chiesa ausiliaria fu scelto dai Gesuiti quello proposto da un professore di matematica del Collegio, Fra’ Orazio Grassi. Con il lauto finanziamento di 200.000 scudi offerto dal Cardinale Ludovico Ludovisi, il cui monumento funebre è visibile all’interno della Chiesa, i lavori poterono cominciare. La Chiesa presenta una navata lunga 81,5 metri e larga 43 metri, con pianta a croce latina con presbiterio absidato e si arricchisce di sei cappelle laterali, tre per ciascun lato. L’edificio è stato più volte attribuito a vari architetti che hanno operato nella prima metà del XVII secolo a Roma: Domenichino, Girolamo Rainaldi, Alessandro Algardi. Ci vollero quasi sessant’anni perché il cantiere fosse ultimato.
Nel 1685 la Chiesa era quasi terminata, ma problemi economici e strutturali rischiavano di farla restare senza cupola. Per sopperire alla scarsità di fondi, il frate gesuita e pittore Andrea del Pozzo realizzò una serie di illusioni ottiche, tipiche del Barocco italiano, per ingannare l’occhio dei visitatori e modellare la struttura della chiesa con effetti tridimensionali. Alzando gli occhi al cielo dal cerchio disegnato dagli intrecci dei marmi che decorano il pavimento, proprio al centro della navata principale, si può ammirare l’affresco con la Gloria di Sant’Ignazio (1685) di Andrea del Pozzo, il quale tramite l’effetto di “sfondamento” o “quadratura” del soffitto è riuscito a farlo apparire alto il doppio di quanto sia realmente, simulando prospetticamente l’esistenza di una seconda chiesa tridimensionale che “poggia” direttamente su quella reale. Il vero capolavoro prospettico, tuttavia, è quello che del Pozzo ha realizzato per creare l’illusione di una cupola che, appunto, è in realtà piatta. Proseguendo infatti nella navata centrale, verso l’altare, si incontra un cerchio dorato nel marmo pavimentale: alzando gli occhi da quel punto preciso si può ammirare la splendida cupola di ben 13 metri di diametro! L’artificio consiste nell’aver applicato un dipinto prospettico su tela sul soffitto piatto, creando un’illusione ottica tridimensionale veramente mozzafiato.
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