“Narciso, la fotografia allo specchio”, una mostra che riflette sul concetto del doppio
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Pare che il suo nome in greco, Dioniso, significasse proprio questo, il dio nato due volte, oppure il dio dalla doppia porta, sta di fatto che il suo culto a Roma stava diventando veramente molto pericoloso, tanto che il Senato dovette vietarne il culto nel 186 a.C., ma scopriamo di più su questo dio!
Il culto di Bacco a Roma, non era propriamente autoctono, o meglio anche le popolazioni italiche e soprattutto gli Etruschi avevano un dio che si avvicinava a quello che poi diventerà Bacco, per culto e riti e si chiamava Fufluns. La diffusione a Roma però avvenne grazie alla propagazione delle tradizioni greche e del dio Dioniso, figlio di Zeus (Giove per i romani) e di sua mogl…se, ma quando mai e della sua amante Semele! In realtà ci sono diverse versioni del mito, ma quella che racconteremo tra poco, è quella che ad oggi rimane la più famosa e accreditata. Semele era rimasta incinta dopo essere stata fecondata da Zeus, il quale, per arrivare a lei, si era dovuto trasformare in serpente e scendere in una grotta. Non appena avuta la soffiata del tradimento, Giunone, l’eterna moglie del boss, si trasformò anch’essa, ma in una vecchia nutrice e consigliò a Semele di farsi rivelare chi fosse il proprio amante, per non rimanere all’oscuro di tutta la questione. La giovane ragazza non appena rivisto Giove gli fece promettere di farle un regalo; il desiderio di Semele però si rivelò per lei fatale: infatti non appena chiese al dio degli dèi di rivelarsi nella sua potenza, rimase incenerita dai fulmini e dalle saette. Il bambino che portava in grembo però fu prima avvolto dall’edere e poi conservato per i mesi di gestazione rimanenti (tre), nella coscia di Giove. Finito il tempo il bambino nacque sano e senza problemi, per la seconda volta, da qui pare derivi il suo nome.
Proprio per l’episodio accaduto nella sua “prima nascita”, l’edera divenne uno degli attributi principali di Dioniso, insieme al tirso e ovviamente all’uva. Il vino infatti era lo strumento principale per raggiungere l’ebbrezza, stato in cui si svolgevano i baccanali. Questi riti davano vita ad orge e a manifestazioni incontrollate sotto l’effetto dell’alcol, che potevano condurre anche ad omicidi, per questo a Roma nel 186 a.C., il Senato, ritenendo i riti dionisiaci un pericolo per l’intera società, decise di sopprimerne il culto.
Da quel momento in poi chiunque volesse fare un rito dionisiaco, con più di 5 persone avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione al pretore urbano presente a Roma. Nonostante il divieto che prevedeva come punizione la pena di morte, nel sud Italia questo tipo di rito continuò ad essere celebrato; ecco alcuni stralci della legge romana.
Nessuno di loro voglia avere un baccanale. Se vi sono di quelli che dicono che per loro è necessario avere un baccanale, vengano a Roma dal Pretore urbano e, una volta ascoltate le loro parole, decida, intorno a queste cose, il nostro Senato, purché mentre si discute di ciò siano presenti non meno di cento senatori. […]
Nessuno voglia celebrare riti sacri in segreto; nessuno voglia celebrare riti sacri in pubblico o in privato, né fuori la città se non andrà dal Pretore urbano il quale delibererà secondo la sentenza del Senato, purché mentre si discute di ciò siano presenti cento senatori.
Nessuno voglia celebrare riti sacri ai quali assistano più di cinque persone, due maschi e tre femmine, se non dietro deliberazioni del Pretore urbano e del Senato, come è stato scritto sopra.
[…] se vi saranno di quelli che agiranno in modo contrario a quanto è stato scritto sopra, è stata decretata per loro la pena di morte […].
Il culto di Bacco poi venne sostituito in età classica con quello di un altro dio, più discreto e meno violento di Bacco, Liber, sempre figlio di Giove e di Semele.
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