Fors Fortunae, la festa dell’antica dea bendata dei romani
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Meglio nota in Grecia col nome di Era, la dea Giunone, come l’avevano chiamata i romani, era nota soprattutto per il suo matrimonio con Giove, per essere la divinità del matrimonio e del parto, e in particolare per le scappatelle che perdonava di continuo al marito!
Era la più importante divinità femminile dell’olimpo romano. Un palinsesto composto da una miriade di divinità, fra dei e dee, principali e secondarie. Giunone si occupava, in particolare, del matrimonio e del parto. Non era, infatti, raro trovarla rappresentata nelle vesti di un donna intenta ad allattare. Una funzione, quella di nutrice, che più tardi ne farà anche la dea protettrice dello stato romano e della sua prosperità; e, in quanto figlia di Saturno e Opi (personificazione della natura e della terra), la divinità di alcuni animali, come il pavone e la mucca.
(Fonte: OUBLIETTE MAGAZINE)
Considerata moglie di Giove, poi, e assimilabile alla dea greca Era, andò ad occupare, insieme a lui e a Minerva, la cosiddetta Triade Capitolina. In altre parole, una delle tre posizioni preminenti, nel ventaglio delle numerosissime divinità romane.
Ed è proprio per via di questo suo ruolo di moglie che, Giunone, cominciò ad apparire, agli occhi di qualche poeta dell’epoca, piuttosto paziente. In voga fra i racconti del tempo, infatti, ognuno sapeva quanto Giove fosse incline a quelle che oggi chiameremmo “scappatelle“. Tanto che, lo stesso Catullo scrisse: «Quante volte fu Giunone, la Regina, a soffocare, comprensiva, il giusto sdegno, di fronte ai troppi tradimenti del marito!». Tutt’altro che fedele, insomma, il boss degli dei tradiva sistematicamente la moglie, con donne umane o altre dee. E, sebbene ogni tanto le sue continue avventure amorose suscitassero episodi di gelosia da parte di Giunone, ogni volta la dea era costretta a mandare giù il boccone amaro. Anche quando, con tutto il pacchetto – ché dopo il danno, pure la beffa -, erano compresi i figli extraconiugali di Giove.
(Fonte: Mitologia Antica)
Come quella volta che, con la figlia Venere (sempre avuta fuori dal matrimonio), generò incestuosamente Cupido (o Eros), il dio dell’amore. Per una prole di divinità che si aggiungevano a Marte, unico figlio avuto da Giunone e dio della guerra. Il più detestabile dei figli, a detta del padre. E pensare che, per conquistare la dea e dichiarare il suo amore, Giove prese persino le sembianze di un uccello! Stiamo parlando del cuculo, animale sacro alla dea, ché si pensava annunciasse, col suo canto, l’arrivo della pioggia, quindi della fertilità del terreno, nonché ornamento del suo scettro.
Concludendo, i romani veneravano Giunone in più occasioni. A tal proposito, esistevano svariati epiteti associati alla dea. Giunone, a cui era dedicato il mese di Giugno, Iunius, poteva essere chiamata Regina, in quanto signora dell’universo, o Moneta, ovvero “colei che ammonisce“; Lucina, come protettrice delle nascite e dei bambini (venerata durante la festività delle Matronalia) o Sospita, come dea propizia. In alternativa, poteva essere soprannominata Viriplaca, cioè “dea che placa gli uomini“; Caprotina, identificata con la Natura e festeggiata con le feste Caprotine, ogni 7 luglio; o Pronuba, cioè dea delle nozze. Per ognuno di questi appellativi, infine, esisteva un Tempio, per un totale di quattro edifici, soltanto entro le mura della città eterna.
(Fonte: Cronaca Roma)
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