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Tante, troppe, numerose: nessun aggettivo quantitativo potrà adeguatamente definire il numero dalle divinità romane secondarie. Ma se ve la sentite – solo se ve la sentite – qui riporteremo i nomi degli dei e delle dee secondarie di Roma
Se siete arrivati fin qui vuol dire che ve la sentite di affrontare la complessità di un discorso che cerca di far chiarezza sulle divinità secondarie di Roma. Se pensavate, infatti, di esservela cavata, con l’individuazione delle divinità principali, vi diamo subito subito un’informazione: non siamo neanche a metà dell’opera! Questo perché la mitologia romana è un vero e proprio ginepraio. Un labirinto dal quale, una volta entrati, è davvero difficile uscire. Tuttavia, per addentrarci abbiamo pensato di dividere l’origine e gli usi, di alcune delle oltre cento divinità, in quattro categorie. Per l’esattezza, quattro topic specifici. Inziamo!
I romani avevano un dio o una dea per spiegare ogni cosa, compresi i fenomeni naturali. La divinità non veniva soltanto invocata per la comprensione di determinati eventi fisici, ma anche pregata affinché certe cose si verificassero o meno. Facciamo un esempio: se si volevano aumentare i propri raccolti o i propri profitti, ci si poteva rivolgere alla dea Abbondanza; a Cerere, dea della fertilità e della nascita (come Feronia, più o meno, Luperco, epiteto di Fauno, o Mefite); a Conso, dio del seme del grano e dei depositi per la sua conservazione (sempre per il grano, anche a Proserpina o Robigus); a Dis Pater, dio del sottosuolo; ad Opi, personificazione della terra; a Pomona, dea dei frutti; o a Sterculo, inventore della concimazione. Allo stesso modo, per generare Caos, poi Notte e Giorno, Etere (la parte più alta, pura e luminosa dello spazio, oltre il limite dell’atmosfera terrestre) e Erebo (la dimora dei morti), era a Caligine che si doveva far ricorso. Per la natura distruttrice e creatrice, invece, arrivava in soccorso Cibele, così come, per i terremoti, Tellus, anche dea della terra e dei defunti.
(Fonte: Wikipedia)
Ovviamente, per le belve selvatiche, oltre a Silvano, si poteva contare su Diana, dea delle selve, ma anche custode delle fonti (similmente a Fontus, Furrina o Giuturna, ninfa dei corsi d’acqua dolce), dei torrenti e protettrice delle donne. Per l’avvento della primavera, poi, toccava a Flora, a Maia, o ad Attis. Ancora, per il bestiame e la protezione dei propri allevamenti, era alla divinità rustica Pale che i romani affidavano le proprie preghiere, o a Priapo, dall’aspetto particolarmente stravagante (diciamo così), protettore dei greggi, dei pesci e degli orti. Infine, a occuparsi del fiume Tevere c’era il dio Tiberino; a presiedere il cambio delle stagioni, il dio Vertumno, o le Ore, simbolo del regolare scorrere del tempo; a dominare il fuoco terrestre e distruttore, il dio Vulcano; e a garantire la ciclicità annuale, il perpetuo rinnovarsi degli anni, la dea Anna Perenna.
Argomentazioni meno ampie per quando riguarda, invece, i sentimenti, le virtù e i vizi, a cui pare i romani associassero un numero “minore” – se fa pe’ dì – di divinità, almeno rispetto al contesto naturale di cui abbiamo parlato poco fa. E, in questo caso, iniziamo con Bacco, poi sostituito da Liber, entrambi divinità del vino, ma anche dell’ebrezza, dei vizi, del piacere dei sensi e del divertimento. Per assicurarsi un animo bellicoso, poi, proseguiamo con la dea Bellona, spesso identificata come moglie di Marte e addetta a ravvivare i guerrieri durante un combattimento, un po’ come le Furie (in Grecia, Erinni), personificazioni femminili, per la vendetta, soprattutto contro chi ha recato danno ai propri affetti o alla propria famiglia. Per garantire la pace e l’armonia continuiamo poi con la dea Concordia e con la dea Pax, protettrice della pace; per il senso di cura, con la dea Cura; e, per l’amore, col dio Cupido, divinità degli innamorati.
(Fonte: Romano Impero)
Infine, per la lealtà i romani invocavano Fides; per il rispetto, Terminus; per la destrezza, nonché per l’loquacità, Mercurio; per la giustizia e le virtù eroiche, Minerva; per l’amicizia e l’accordo, la dea Mitra; e, per il sentimento della pietas, la dea Pietas, importantissima, per i romani, poiché garante del compimento del proprio dovere.
Per iniziare qualcosa, dalla semina alle attività agricole, dagli affari pubblici ai commerci privati, si celebrava Giano, soprattutto a livello popolare. E insieme a lui, immancabile in questa categoria, la dea Fortuna, la divinità che aiutava a far andare bene le proprie scelte.
(Fonte: JungleKey.it)
A proteggere l’esistenza dei giovani, c’era invece la dea Iuventas. Mentre, per il buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale, si veneravano i Lari, ovvero gli spiriti protettrici degli antenati defunti. Infine, associata in genere a Bellona, ma dedita, in generale, alle vittorie di ogni tipo, non solo belliche, c’era la dea Victoria.
Concludendo, vi erano poi divinità dedicate alla stessa città e alla sua protezione. Anzitutto esisteva la dea Roma, personificazione, e protettrice, dell’intero Stato romano.
(Fonte: TripAdvisor)
Infine, si passava a Quirino, protettore delle curie e delle attività degli uomini; a Portuno, divinità delle porte e dei porti; a la Dea Bona, innominabile ma addetta alla guarigione e alla protezione del popolo romano; a Esculapio, dio della medicina e degli infermi; a Febris, dea della febbre e guaritrice dalla malaria; a Fornace, la dea del funzionamento dei forni; e ad Angerona, la divinità protettrice del dolore, della tristezza e del silenzio.
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