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“O Tiberino, a te indirizzo le mie preghiere, padre santo”, così Orazio Coclite recitò la sua preghiera prima di gettarsi nel fiume, nella battaglia contro gli etruschi sul ponte Sublicio. Il Tevere, padre di Roma e fonte di ricchezze, fu per secoli invocato e festeggiato dai romani. Curiosi di scoprire quali furono le festività dedicate al fiume?
I gemelli Romolo e Remo vennero abbandonati sulle sue sponde; le sue acque furono il mezzo di trasporto principale per la crescita e lo sviluppo della città, soprattutto perché collegamento diretto coi porti; la sua presenza, un po’ come per altri popoli nati sulle rive di un fiume, fu principio e causa della grandezza di Roma: il Tevere, insomma, rappresentò un ruolo fondamentale per l’Urbe, facendosi portatore di un’infinità di fortune. Per questo motivo, i romani lo amarono tanto e, sin dai tempi antichi, lo venerarono e lo accudirono, consapevoli del suo valore. Il fiume, non soltanto funzionale economicamente, ben presto si fece protagonista di culti e preghiere. Non a caso, il cartello alla fonte, da cui sorge, recita ancor oggi: “Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma”, testimoniando tutta la sacralità di cui venne investito. D’altra parte, lo stesso nome era nato da un racconto mitologico romano: Tiber, da Tiberino, figlio di Giano – dio del sole, delle transizioni e dei passaggi – e della ninfa Giuturna, sorella di Saturno e Signora delle acque, un giorno per imprudenza cadde nel fiume e vi annegò, dando il suo nome al corso d’acqua.
Il Tevere assunse presto le sembianze di un padre, di un dio per la precisione (oggi, sappiamo che fu una delle più antiche divinità italiche), perciò recandovi ai musei capitolini, non vi stupirà trovarlo impresso in qualche scultura, nelle vesti di un vero e proprio uomo: incoronato dall’intreccio di foglie acquatiche e mollemente adagiato, egli porta con sé una cornucopia, un remo e ha accanto i simboli della lupa, i gemelli o la prua di una nave.

(Fonte: Romano Impero)
La sua presenza fu talmente importante che, in suo onore, venne edificato persino un antico santuario sull’Isola Tiberina. E, proprio qui, intorno a questo speciale luogo di preghiera, vennero organizzate le prime festività dedicate al fiume. Le Tiberinalia ne furono un esempio: celebrate ogni anno, a partire dall’8 dicembre (anniversario della fondazione del tempio), erano un inno alle nozze fra Tiberinus e Gaia, ovvero fra il Tevere e Madre Natura. Si trattava di cerimonie propiziatorie atte a purificare le acque di questo meraviglioso bacino, prevedendo la realizzazione di alcune pratiche specifiche.
In questo particolare giorno, i romani non solo dovevano nutrirsi del cibo fornito dal fiume, ma dovevano ringraziare le sue acque, fonti di sostentamento e vitalità. Così, mentre all’alba, i pescatori uscivano con le loro barche, per pescare il pesce che si sarebbe consumato durante la festa, in aggiunta, si allestivano barche e navi ornate di fiori, nastri o stoffe. Le imbarcazioni, scorrendo su e giù per il fiume, rilasciavano ghirlande ai lati del Tevere e qualcuno, recitando formule sacre, offriva addirittura del vino alle sue prosperose acque.

(Fonte: Romano impero)
Fatto il giro dei 12 cippi, si cucinava il pesce in banchetti, i cui resti venivano, infine, gettati nel fiume come doni alla divinità. Pare che, alla festività, partecipassero pure le vestali, le sacerdotesse di Roma, probabilmente utili, insieme ai sacerdoti, in tarda serata, ad aspergere le barche e le reti per la purificazione finale. Accese le torce sul fiume, si procedeva a questo suggestivo di rito di benedizione e redenzione rivolto ai battelli, per poi gettare, a conclusione, le fiammelle nel Tevere.
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