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Chiunque di voi abbia preso un traghetto sa perfettamente che, per imbarcarsi, bisogna recarsi al porto di Civitavecchia. Eppure, anticamente Roma poteva vantare la presenza di svariati porti. Siete mai stati ad Ostia antica?
Come suggerisce il nome, dal latino Ostium, Ostia era una delle foci del Tevere. Il corso del fiume romano, infatti, fino all’alluvione di metà ‘500 aveva un aspetto completamente diverso. Secondo la tradizione, fu il re Anco Marzio a fondare la città di Ostia, oggi meta estiva di molti romani. Tuttavia, gli anni d’oro della città marittima arrivarono più tardi quando, col predominio romano sul Mare Nostrum, il Mediterraneo, Ostia divenne il principale emporio mercantile di Roma. Era da lì che provenivano, d’altra parte, le anfore cariche di alimenti che, fatte a pezzi, più tardi formarono il Monte dei cocci della Capitale. Le attività del porto di Ostia si unirono presto, intorno al II sec. d.C, a quelle dei porti vicini di Claudio e Traiano, contribuendo, col confluire delle merci, alla grandezza di Roma. Purtroppo, già quattro secoli dopo, alcuni scritti ci informano di un abbandono e di un isolamento della città costiera: la navigazione diventò sempre più complicata e la via Ostiense si andò sempre più deteriorando. Perciò, il percorso, tutt’oggi visitabile, può apparire accidentato, nonostante gli scavi archeologici di Ostia siano, a tutti gli effetti, uno dei patrimoni inestimabili della città eterna.
Intorno al V secolo d.C l’imperatore Claudio, per ovviare all’insabbiamento dello scalo fluviale di Ostia, decise di dare avvio all’imponente costruzione di un porto marittimo. Situato a nord del Tevere, e dominato da un grande faro a più piani (il faro Ostiense) il porto era diviso in due bocche, una settentrionale e una meridionale. I lavori, terminati sotto Nerone, diedero vita ad una gigantesca infrastruttura. Il compito principale dell’approdo era strategico e funzionale: dopo aver scaricato gli approvvigionamenti dalle grandi navi marittime, le merci venivano sistemate su specifiche imbarcazioni fluviali, in grado di risalire il Tevere. Vantando due canali, infatti, esso consentiva un ideale collegamento col fiume e, quindi, col centro della città. Testimoniata dalle fondamenta del molo settentrionale, dietro l’attuale Museo delle navi, la struttura era davvero maestosa, almeno, fino all’insabbiamento progressivo: fu, infatti, questo il motivo, che rese indispensabile l’edificazione di un altro porto.
Progettato per riutilizzare il faro e le banchine del porto di Claudio, il porto di Traiano poteva vantare un’anatomia ancor più imponente di quella del predecessore. La sua architettura dal bacino esagonale, addirittura, moltiplico i punti d’attracco per le navi. Sapete, che tra le fosse che l’imperatore fece costruire, ci fu quella (fossa di Traiano) dell’odierno canale di Fiumicino? In breve tempo, lo scalo romano superò quello di Pozzuoli, per importanza, soprattutto, grazie al collegamento diretto istituito con via Portuense. Tutt’intorno cominciarono a sorgere enormi magazzini, come quelli Severini e Traianei, e il Palazzo Imperiale, un sontuoso edificio di rappresentanza, che ospitava viaggiatori di alto rango. L’importanza, sempre più ampia, dello scalo diede persino vita ad un vero e proprio insediamento abitativo, che prese il nome di Portus Romae e che, fino all’impaludamento, che tra medioevo ed età moderna portò alla chiusura del bacino, sopravvisse, come testimonia l’installazione della Basilica paleocristiana.
Se vi capiterà di andare, potrete notare come, oggi, il mare si trovi lontano (circa 3 km) da quell’antico centro, stretto tra le infrastrutture dell’Aeroporto e i percorsi stradali moderni. Questo non basterà, però, a limitarne l’illimitata ricchezza: quell’area archeologica, condivisa attualmente da il Parco archeologico di Ostia Antica e la famiglia Sforza-Cesarini, rientra a pieno diritto fra le meraviglie d’eccellenza romane!
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